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Documentario, il cinema ancorato saldamente al reale
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Documentario, il cinema ancorato saldamente al reale

Prima ancora della soddisfazione per un Leone d’oro che mancava dall’Italia dal 1998 (da «Così ridevano» di Gianni Amelio), la vittoria alla 70ª Mostra di Venezia di «Sacro Gra», il

Prima ancora della soddisfazione per un Leone d’oro che mancava dall’Italia dal 1998 (da «Così ridevano» di Gianni Amelio), la vittoria alla 70ª Mostra di Venezia di «Sacro Gra», il documentario di Gianfranco Rosi sull’umanità invisibile che vive ai margini del Grande raccordo anulare di Roma, porta con sé e ufficializza, ai massimi livelli, un’idea di cinema ancorata saldamente al reale, una ricerca di storie quotidiane e di emozioni cristalline che supera le mediazioni intellettuali e le interpretazioni soggettive del cinema di finzione ponendo in primo piano, con lucida forza espressiva, i contenuti e non soltanto il contenitore, la sostanza e non solo la forma.

Anche se non espressa all’unanimità, da parte della giuria guidata da Bernardo Bertolucci, la vittoria di «Sacro Gra», che segue a distanza di quasi un decennio il trionfo di Michael Moore a Cannes con «Fahrenheit 9/11» (Palma d’oro nel 2004), costituisce un momento importante per il presente e il futuro della settima arte, rafforzando la necessità di un ragionamento sull’effettivo potenziale di comunicazione del “cinema del reale”. Il lungometraggio di Rosi disancora il documentario, una volta di più, da un’idea di genere cinematografico a sé stante, rinchiuso nel recinto del prodotto a carattere naturalistico e antropologico e di puro consumo televisivo, subalterno, nell’opinione corrente, al “cinema di finzione”. Ma allo stesso tempo la vittoria al Lido di «Sacro Gra» (sospinta dalle dichiarazioni, antecedenti l’inizio della Mostra, del presidente di giuria, intenzionato a «essere sorpreso» dai film in concorso, ma anche, alla prova dei fatti, a «sorprendere» con un verdetto inatteso), ha messo a nudo la debolezza di una selezione tutto sommato modesta.

Nell’elenco dei vincitori, in ogni caso, non sono assenti i lungometraggi che più avevano colpito la critica: il Leone d’argento a «Miss Violence» di Alexandros Avranas e la Coppi Volpi al suo attore protagonista, Themis Panou, collocano sotto i riflettori un film disturbante ma che fa riflettere sulle derive della famiglia contemporanea schiacciata dal peso di una crisi economica spaventosa; il Gran premio della giuria a «Stray dogs» di Tsai Ming Liang valorizza ancora una volta la profondità dello sguardo del regista taiwanese, capace di raccontare come pochi altri il disagio esistenziale con il silenzio della sofferenza; il Premio speciale della giuria a «Die frau des polizisten» di Philip Groening sottolinea il talento e la personalità del regista tedesco, indagatore sensibilissimo dell’animo umano. Ineccepibile il Premio per la miglior sceneggiatura assegnato a «Philomena» di Stephen Frears, ciliegina sulla torta per il nostro Paese l’attribuzione della Coppa Volpi come migliore protagonista femminile a Elena Cotta per la sua interpretazione in «Via Castellana Bandiera» di Emma Dante.

Paolo Perrone

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