Difficile sapere con assoluta certezza le motivazioni di Omar Matee, il 29enne autore della strage di Orlando
Difficile sapere con assoluta certezza le motivazioni di Omar Matee, il 29enne autore della strage di Orlando. Sembra fosse un frequentatore quasi abituale del Pulse, il locale gay dove poi avrebbe aperto il fuoco. Si potrebbe aderire alla teoria complottista, per cui in seguito a uno schieramento politico della comunità gay contro l’Isis, quest’ultimo si sia attivato per una punizione esemplare.
L’uomo sarebbe quindi una pedina nelle mani di un’associazione che fino ad ora si è dimostrata crudele e disposta a qualunque cosa per lasciare la propria impronta nel mondo, nient’altro che un pedone tra fanti e regine. Teoria interessante, senza alcun dubbio, resa ancora più credibile dalle rivendicazioni dell’associazione criminale verso l’accaduto. Tuttavia bisogna tener conto di alcuni fatti.
In primo luogo sappiamo che l’Isis rivendicherebbe qualsiasi violenza che sia anche solo lontanamente riconducibile ai propri ideali: “Precipita un meteorite su una gelateria dove tempo prima il commesso aveva parlato male dell’organizzazione? Si! Siamo stati noi”. È interessante inoltre il profilo psicologico del killer. La moglie dichiara che il marito aveva “tendenze omosessuali”, il padre nega, come se il problema principale fossero le tendenze del figlio, invece che la strage da lui compiuta.
In ogni caso non si può parlare di un uomo mentalmente stabile, sottoposto a pressioni dalla propria famiglia, dalla propria comunità per le proprie preferenze sessuali. Essendo stato da sempre descritto come un “uomo violento e impulsivo”, il pensiero che abbia agito da solo non pare così impossibile. È difficile rimanere neutrali e riuscire a giudicare con correttezza un uomo capace di una così crudele violenza verso un’intera comunità.
Federica Giaccone