Sono passati tre anni esatti da quel 22 febbraio 2020 quando anche l’Astigiano si trovò a fronteggiare l’inizio della pandemia da nuovo Coronavirus, poi ribattezzato Covid-19. Era un sabato mattina e sebbene già si sapesse che il virus fosse arrivato in Italia e fosse stato identificato la prima volta in una coppia di cinesi in visita nel nostro Paese, Asti si trovò davanti all’inizio dell’emergenza ben prima di altre città. Ancora nessuno poteva sapere quello che sarebbe avvenuto da lì a pochi giorni perché il virus, come si apprese in seguito, circolava già da tempo specie in Lombardia.
Quel 22 febbraio, infatti, un primo ricovero sospetto di una signora al Cardinal Massaia di Asti fece scattare l’allerta tra i sanitari. Fu lei stessa a chiamare il numero dell’emergenza 112 per denunciare di non stare bene e di avere sintomi apparentemente riconducibili al virus di cui aveva sentito parlare in televisione. In realtà fu un falso allarme, come spiegò il sindaco Maurizio Rasero in una diretta Facebook trasmessa il giorno dopo, 23 febbraio, ma la tranquillità durò poco.
Quella diretta del sindaco fu la prima di una lunga serie che avrebbe portato Rasero a comunicare on line, periodicamente, le informazioni sull’andamento dell’epidemia, poi della pandemia e tutte le indicazioni utili ai cittadini durante i mesi del lockdown. Una finestra su Facebook che diventò per molti un appuntamento molto atteso per sapere cosa aspettarsi nelle ore successive. Questo perché la situazione cambiava giorno per giorno e perfino gli amministratori non potevano dare garanzie o certezza sul lungo periodo.
Il contagio in Riviera e il primo decesso al Cardinal Massaia
Passarono pochi giorni e, sempre a fine febbraio, un gruppo di anziani astigiani fu protagonista del primo importante contagio durante una vacanza ad Alassio, in Riviera. Un positivo della comitiva contagiò molti altri anziani nella struttura che per alcuni giorni rimasero in quarantena nell’hotel che li ospitava, salvo poi essere riportati a casa in osservazione mentre i malati iniziavano ad aumentare in un bollettino che sarebbe diventato familiare a tutti gli italiani.
Nella notte tra il 7 e l’8 marzo 2020 l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte decise di emanare un decreto che inserì proprio Asti, insieme ad altre 13 province del nord ovest e alla Lombardia, in una zona rossa speciale nella quale fu vietato ogni spostamento da e per altri territori e forti limitazioni nella stessa provincia di Asti. Il sindaco Rasero seppe della zona rossa in tv, senza essere avvisato prima, tanto che la sua reazione sopra le righe fu immortalata in un video diventato virale.
Ma fu il 10 marzo che si registrò il primo morto per Covid-19 all’ospedale di Asti: un uomo di 57 anni, deceduto nel reparto rianimazione del Cardinal Massaia. Un paziente che era stato ricoverato la sera prima, su un’ambulanza, con un quadro complessivo già compromesso. Quello fu il primo di una serie di decessi che, giorno dopo giorno, scandì la prima ondata dell’epidemia durante la quale la città, come il resto d’Italia, si paralizzò.
Scuole chiuse, negozi e attività interdette, la prima corsa ad accaparrarsi mascherine e igienizzanti, le code davanti ai supermercati per il primo lockdown della storia d’Italia. Anche gli astigiani avrebbero imparato presto a gestire la loro vita tra DPCM, restrizioni, nuove regole, smartworking, distanziamento sociale e altre misure di sicurezza necessarie per contenere, il più possibile, un virus mai visto prima e contro il quale non esistevano vaccini o farmaci mirati.
Una città fantasma congelata in una lunga attesa
Per mesi una città deserta, strade vuote e un silenzio irreale fece da teatro alle tante richieste di soccorso che i sanitari, dentro e fuori l’ospedale, le Case di Cura e le Rsa, gestirono, consapevoli di poter essere colpiti in ogni momento dal virus. Di notte le luci per strada in movimento furono quelle dei lampeggianti delle forze dell’ordine e delle stesse ambulanze in un continuo avanti e indietro lungo il tragitto per il pronto soccorso.
Momenti che resteranno nella memoria collettiva come gli applausi dai balconi per sostenere i nuovi eroi, medici e infermieri, in prima linea contro il nemico comune; la DAD portata avanti, tra mille difficoltà (soprattutto logistiche) per garantire agli studenti di poter continuare le lezioni, almeno in parte; le autocertificazioni per uscire a fare la spesa o per visite ai parenti. Ma come non ricordare il grande lavoro che venne svolto dagli uffici comunali, dai comitati Palio, dalle associazioni di volontariato, dalla Caritas, dalla Banca del Dono, dalle parrocchie, dalla Croce Rossa e Verde, dagli Alpini e da tutti coloro che furono indispensabili per non lasciare indietro nessuno in quei mesi così difficili.
L’arrivo dei primi vaccini Pfizer ad Asti
Tutto questo in attesa di una svolta che arrivò il 27 dicembre 2020 quando al Cardinal Massaia di Asti giunsero, scortate dalle forze dell’ordine, le prime dosi del vaccino antiCovid della BioNTech/Pfizer per avviare la più estesa campagna di vaccinazione di massa dei tempi moderni.
Una campagna organizzata sul territorio dall’Asl AT in collaborazione con il Comune di Asti, la Regione Piemonte, i volontari delle associazioni locali, dalla protezione civile e da coloro che agevolarono le operazioni necessarie ad estenderla, nel giro di poche settimane, a tutti i soggetti fragili, ai malati cronici, nelle RSA e poi all’intera popolazione.
Un’altra data importante fu il 10 aprile 2021, quando venne inaugurato l’hub vaccinale di via Guerra in locali messi a disposizione dalla Banca di Asti. Per mesi restò il punto di riferimento per le vaccinazioni antiCovid insieme ad altri poli dislocati nei principali centri della provincia e del Cardinal Massaia. Oggi, oltre due anni dopo dall’inizio delle prime inoculazioni del vaccino, sono 506.181 i cittadini vaccinati in provincia di Asti.
Ad oggi 814 decessi accertati e 80.333 contagi
Il resto è storia recente: Green Pass, graduali riaperture di tutte le attività, un ritorno alla vita normale che ad Asti è stata suggellata solo a settembre con il ritorno del Palio e una prima ridotta edizione del Festival delle Sagre nell’era post Covid.
Eppure anche l’Astigiano ha pagato un prezzo molto salato in fatto di morti. Nella nostra provincia, da febbraio 2020 ad oggi, sono stati registrati 80.333 casi di persone positive a SARS CoV-2 mentre i decessi sono stati 814 (i dati fanno riferimento ai domiciliati in provincia di Asti). Il maggior numero di casi venne rilevato nel mese di gennaio 2022 con 16.345 segnalazioni, mentre il 60% dei decessi si concentrarono nel 2020.