L'Alzheimer colpisce tanto non solo chi si ammala, ma anche i familiari. Lo sa bene Silvana Pavese, 62 anni e residente a Torino, oggi costretta a trasfersi a casa dell'anziana madre colpita dal morbo. Una scelta necessaria per seguirla da vicino, ma che le impedisce di lasciare sola la donna. Silvana non può infatti contare su aiuti esterni, e la richiesta di un assegno di accompagnamento non è andato a buon fine…
Ci sono malattie, come lAlzheimer, a doppio taglio, perché, comè risaputo, colpiscono sia chi perde in prima persona la salute, sia i familiari vicini, seppur indirettamente, ma comunque in modo drammatico. Proprio per questo, le persone coinvolte si sentono spesso lasciate sole e senza sostegni adeguati ad afrontare e gestire la diicile situazione. Come dimostra il caso di Lodovina Conti, 91anni, di Portacomaro, che dal 2011 deve fare i conti con i sintomi sempre più invalidanti di questa malattia, oltre a convivere con una serie di altri disturbi, tra cui quelli cardiaci. Tantè che dallo scorso agosto, la figlia, Silvana Pavese, 62 anni, residente a Torino, ha dovuto trasferirsi presso la casa della madre, dove questultima viveva da sola, continuando però a sostenere le spese per labitazione nel capoluogo torinese.
Da allora, Silvana accudisce la madre Lodovina 24 ore su 24, senza poter contare su nessun aiuto esterno, se non, in caso di necessità, sullappoggio del fratello e della cognata, che vivono però a Castagnole. I sintomi Le prime avvisaglie della malattia che ha colpito Lodovina si sono manifestate circa due anni fa. Quando telefonavamo – ricorda la figlia Silvana – per chiederle se stesse bene e se avesse mangiato, lei rispondeva di sì, ma una volta sul posto trovavamo il frigorifero vuoto oppure scoprivamo che non aveva consumato ciò che le avevamo cucinato, giorni prima, perchè avesse un po di scorta. Purtroppo, con il passare del tempo e in particolare nellultimo anno, la situazione è molto peggiorata. Mia madre non riconosce più i parenti, nemmeno me che laccudisco, se non in casi rari e per pochi istanti; non ha memoria, manca di continuità nel portare a compimento le normali azioni quotidiane, come mangiare; non ha il corretto orientamento spazio temporale.
Inoltre, ha difficoltà a camminare e di spostamento, per cui necessita di una sedia a rotelle, e talvolta soffre di disturbi del sonno. Recentemente, è caduta, rompendosi un polso. A seguito dellinsorgenza della malattia e dopo una prima visita da parte del medico di base, Giuseppe Ruta, la famiglia ha dunque avviato la richiesta per il riconoscimento di invalidità della madre e per lottenimento dellassegno di accompagnamento. In questo modo – dichiara Silvana – potremmo pagare una donna, per farci aiutare ad assistere mia madre. Da sola, infatti, come posso prendermi cura di lei continuamente, giorno e notte? E se mi ammalo? O più semplicemente, come posso assentarmi anche solo fare la spesa? Nonostante però tre visite, di cui lultima lo scorso 15 novembre, da parte della commissione medica, composta da tre membri, presso la sede del servizio di Medicina Legale, in via Baracca, ad Asti, Lodovina non ha ottenuto lassegno di accompagnamento.
Secondo i medici che lhanno visitata, infatti – riferisce Silvana – non è necessario concedere a mia madre laccompagnamento, nonostante le sia stata riconosciuta linvalidità al 100%. Eppure, nel corso dellultima visita, di fronte ai medici, ha sostenuto di vivere da sola e che io non sono una sua parente. Personalmente – aggiunge – mi sento presa in giro. Per non parlare del trambusto, che ogni volta si crea alla persona ammalata, per sostenere queste visite, talvolta umilianti, e dei relativi costi cioè 80 euro per il certificato di richiesta da parte del medico di base, più 40 euro per il trasporto in ambulanza.
Fortunatamente, abbiamo avuto esperienze positive con il personale medico ed infermieristico dellospedale Massaia, tra cui il neurologo Daniele Caneparo, il direttore responsabile del reparto di Oculistica, Elio Prosio e il reparto di Fisiatria, che ringrazio, per come hanno seguito alloccorrenza mia madre. A fronte dunque della riconosciuta malattia – incalza Silvana – chiediamo che venga anche riconosciuto a mia madre il diritto allassegno di accompagnamento. Per questo fine, mi sono rivolta al patronato Acli, per fare ricorso. Mi chiedo, infatti, con quale criterio la commissione della Medicina legale faccia queste visite e secondo quali parametri formuli le proprie valutazioni. La mia famiglia ed io – conclude – vorremmo che questa storia andasse a buon fine, non solo nellinteresse di mia madre, ma anche delle tante persone che purtroppo convivono con questi problemi.
Manuela Zoccola