Lo afferma uno studio dellUnione Inquilini secondo cui nel capoluogo lo scorso anno si è assistito a uno sfratto ogni 105 famiglie. Ad Asti lo scorso anno 318 nuove sentenze di sfratto, di queste 312 per morosità e sei per finita locazione. E anche questanno altre trecento famiglie perderanno il diritto alla casa…
Asti è la peggiore città dItalia per sofferenza abitativa. Tre volte la media nazionale e la situazione diventa drammatica se si considerano le famiglie che vivono in affitto visto che una ogni venti finisce per essere sfrattata. Lo afferma uno studio dellUnione Inquilini secondo cui nel capoluogo lo scorso anno si è assistito a uno sfratto ogni 105 famiglie. Il doppio di Roma che pur vanta il triste primato in termini assoluti. La situazione nazionale è decisamente drammatica con oltre 70 mila sfratti solo lo scorso anno e il fatto che la nostra città si aggiudichi il nero primato dei proprietari che ricorrono alla forza pubblica per ritornare in possesso del proprio immobile deve far pensare. Facendo due conti, è come se per ognuna delle cento torri di Asti una famiglia avesse perso la casa.
La causa? Morosità, non ce la fanno a pagare. Va un po meglio in provincia, dove complici affitti più bassi, i numeri non sono così terribili. «Ad Asti lo scorso anno – spiega Massimo Pasqui presidente dellUnione Inquilini – ci sono state 318 nuove sentenze di sfratto. Di queste 312 per morosità e sei per finita locazione tutti nel comune capoluogo dove cè una percentuale vicina al 100% per morosità». Va detto che, per quanto riguarda le abitazioni in affitto, lofferta è ancora costituita, per la maggior parte, da piccoli proprietari che affrontano interamente gli elevati costi di transazione di un rapporto di locazione di lungo periodo, senza alcuna economia di scala. Ex ante, sanno alcune cose che li portano in sostanza a caricare incertezze e inefficienze del sistema sullinquilino per mettersi al riparo dai possibili costi futuri. Che daltro canto ha un incentivo a comportamenti strategici una volta entrato nellimmobile.
«Inoltre – spiega lonorevole Cristina Bargero eletta nelle fila del Pd la cedolare secca è fallito miseramente e andrà totalmente ripensata». Il sistema dei diritti in sostanza non funziona dato che riduce il numero di case sul mercato e irrigidisce lofferta. Mentre gli effetti della crisi diventano sanguinosi soprattutto per i più deboli. «Continuiamo a parlare – chiosa Enrico Fenoglio presidente Fimaa – ma intanto si scaricano le emergenze sociali sui piccoli proprietari che diventano sempre più una categoria debole». Insomma le responsabilità sono molteplici e non sembrano esserci soluzioni facili. Il mercato non mette in contatto famiglie e proprietari, le istituzioni segnano ogni giorno il passo della propria impotenza. Cè un unico punto fermo. Che anche questanno altre trecento famiglie perderanno il diritto alla casa.
Lodovico Pavese