Una settimana terribile quella del direttore generale dell’Asl Giovanni Gorgoni che ha dovuto fronteggiare tre aggressioni in pochi giorni nel Pronto Soccorso dell’ospedale di Asti. Con conseguenze gravi, visto che in tutti e tre i casi ne sono usciti con ferite e ossa rotte (nel vero senso della parola) medici, infermieri, guardie giurate.
Una concentrazione di violenza alla “trincea” dell’ospedale che ha attivato una valanga di interventi, prese di posizione, richieste di maggiore sicurezza. Dall’Asl non è mai mancata la risposta istituzionale e una promessa di aggiunta di personale di sicurezza privato e altri interventi per limitare il ripetersi di questi episodi.
Ma è evidente che le aggressioni a ripetizione hanno colpito duramente anche a livello emotivo chi deve affrontarle: il personale, le guardie e anche il direttore Gorgoni che su un profilo pubblico, ieri sera, ha affidato i suoi pensieri.
Questo il testo integrale.
«Bene ma non benissimo…
Me ne torno dagli affetti che mi attendono da due settimane con l’umore un po’ sospeso, e il treno notturno che scivola ondulando sulle rotaie verso sud fa quasi tintinnare a ogni sussulto i pensieri, mischiati come i bottoni assortiti nella scatola di latta fiorita delle nonne.
Qualche bottone però è più grosso degli altri…
La settimana si chiude con la carcerazione del disadattato che per tre giorni ha tenuto sotto scacco il pronto soccorso del mio ospedale.
La prima mattina di giovedì mi dà il benvenuto con il vocale del primario che mi comunica che nella notte un noto esagitato era stato placcato in tackle da un tonico infermiere prima che quello riuscisse a fare meta su una minuta infermiera colpevole di avergli assegnato un codice verde per il mal di denti. Ne era una nata una colluttazione cui si era unita un’altra infermiera e due guardie giurate. Chi più chi meno aveva vinto qualche contusione e qualche steristrip, mentre il malvivente si era aggiudicato due scintillanti manette omaggiategli dagli agenti della volante arrivati in due minuti dall’attivazione del telecontrollo.
La giornata è proseguita tra ricostruzioni dell’accaduto, analisi delle cause ed estinzione delle fiamme mediatiche fino al ritorno in PS nel pomeriggio del violento rimesso in libertà e deciso a farsi giustizia del placcaggio energico ricevuto nella notte. Lo riprende tempestivamente in consegna senza incidenti la Questura e la serata rotola fino alle nove con i tentativi vani di cercare una comunità che tenga al sicuro noi e lui, visto che non ci sono gli estremi per le sbarre.
Pioviggina fino fino fino quando a mezzanotte passo dal pronto soccorso per accertarmi che il torello, non più trattenuto, non sia tornato a regolare i conti. Ma la serata è silenziosa e sotto controllo e i tre infermieri nel gabbiotto di triage in penombra sembrano marinai di vedetta sul ponte di comando su mare calmo.
Ribadisco le precauzioni concordate con il Questore da usare se si ripete la scena di ventiquattr’ore prima e vado a riposare.
Il famigerato si presenterà poi in prima mattinata per consumare la rappresaglia, ma era atteso e il contatto fisico durerà quanto basta per restituirlo agli agenti.
Torno comunque stamattina per incontrare gli infermieri che giovedì notte hanno fatto mischia. Nell’ora e mezza che passo con loro mi trasferiscono rabbia, senso di insicurezza e ansia, e pure mi sorprende che riescano a esprimere compassione per quello che definiscono un povero disgraziato con problemi di dipendenza.
“Sa, direttore, noi siamo come una famiglia qui, che diventa più grande ogni notte quando riceviamo almeno quattro-cinque alcolizzati e ogni tanto quelli fuori di testa che conosciamo da tempo. Sappiamo come prenderli e quando sono ragionevoli li sediamo, quasi sempre li facciamo mangiare e dormire”.
Asti non è il Bronx. Le cinque aggressioni fisiche in 305 giorni del 2025 sono state perpetrate da tre “fuori di testa” conosciuti e recidivi. Ma fanno statistica stitica le aggressioni verbali e il clima…
È il terreno di normalità su cui crescono quegli episodi che mi inquieta di più. Il bottone più grosso cui accennavo.
In chiusura infatti mi raccontano: “Ma non ci sentiamo comunque al sicuro. Pensi che alcune sere fa una signora distinta che non abbiamo fatto entrare nei box visita occupati ci ha detto «Fanno bene a picchiarvi e a farvi uscire sul giornale»”.
Il cazzotto finale me lo da Elena, che nella mischia di giovedì notte ha rimediato un taglio interno sul labbro: “Se ce ne andiamo anche noi, la gente poi che fa?”
Chi lavora in pronto soccorso di questi tempi ha almeno tre spanne di umanità in più rispetto a noi».
Quelle tre spanne in più che ha dimostrato anche il direttore generale.