Che l’anno del Covid abbia messo in ginocchio il mondo è cosa nota, Asti non è sfuggita a questa tempesta economica e sanitaria ma c’è un mondo che più di altri fotografa l’aumento della povertà in città. E’ quello delle associazioni che, con sforzi incredibili, si sono trovate a dover far fronte ad un aumento vertiginoso delle famiglie che non hanno abbastaanza soldi per comprarsi il cibo.
Sembra una situazione anacronistica in una società evoluta e avazata, ma il Covid ha peggiorato la situazione di chi già era precario e oggi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena.
In questo focus abbiamo fatto una rapida panoramica dei principali protagonisti del mondo del volontariato in questo settore e presentiamo un progetto della Croce Rossa che prenderà il via dopo Pasqua.
Lo sportello sociale di aiuto alla popolazione ha visto passare da 600 a 750 il numero di famiglie in Asti e provincia che chiedono aiuti alimentari. Un’attività, quella dei “pacchi”, che viene svolta da un folto gruppo di volontari i quali tre volte alla settimana accolgono in sicurezza le famiglie e preparano sul momento le borse di prodotti e cibo.
Ma alla Croce Rossa sta stretta la sola attività di “distributori di cibo”.
«Ricevendo queste persone – spiegano la delegata Elisa Chechile e la referente dello sportello sociale Antonella Billi – raccogliamo anche le loro confidenze, i loro problemi, le loro richieste, i loro sfoghi. E ci siamo resi conto di una cosa: oltre al cibo hanno bisogno di ascolto, di spiegare perchè si trovano nella condizione di indigenza e di sapere come possono uscirne».
Spesso, spiegano ancora dalla Croce Rossa, non sono a conoscenza delle tante possibilità che le politiche sociali di ogni livello possono offrire. «Molti di coloro che si rivolgono a noi per i pacchi alimentari non frequentano i servizi sociali e sono tagliati fuori dai progetti istituzionali di aiuto».
Di qui l’idea di attivare un Centro di Ascolto che possa “fotografare” con precisione i bisogni di queste persone. E tentare di dare risposte e soluzioni.
«Sarà un’attività parallela a quella di distribuzione dei pacchi e non vuole sovrapporsi ad altre associazioni o istituzioni – specifica Elisa Chechile – solo un aiuto per consigliare queste famiglie sui percorsi da intraprendere per risolvere grandi o piccoli problemi burocratici, di lavoro, di accesso a bonus, contributi, graduatorie per case popolari, servizi sanitari specifici, assistenza di vario genere».
Un progetto innovativo che va oltre al sostegno primario del cibo.
«L’indagine che abbiamo intenzione di attivare ci aiuterà anche a conoscere meglio le famiglie e a dare loro ciò di cui hanno davvero bisogno e non solo ciò che abbiamo a disposizione».
La prima fase del progetto verterà sulla raccolta della situazione delle famiglie attraverso questionari che consentiranno già di dare ascolto e visibilità agli invisibili attivando anche un filtro che consenta di individuare bene chi ha davvero bisogno di aiuto.
Dare un volto e una storia ad ogni singola persona che si presenta, spesso con malcelata vergogna, a prendere il pacco alimentare, darà anche la possibilità ad ognuno di loro di spiegare perchè si trovano in questa situazione.
«Non promettiamo di trovare soluzioni a tutti – sottolinea la Chechile – ma garantiamo un ascolto professionale da parte di volontari debitamente formati in grado di indirizzare le persone ai tanti servizi già attivi nel mondo del sociale».
Fra gli obiettivi di questo progetto vi è anche la lotta alla dispersione scolastica perchè una delle confidenze più ricorrenti raccolte dai volontari alla consegna delle borse alimentari è quella che riguarda l’allontanamento dei bambini e ragazzi dalla scuola per impossibilità di seguire le lezioni in Dad a causa della mancanza di strumenti tecnologici adeguati, connessioni e limiti dei genitori nelle conoscenze digitali quando si trovano a dover seguire i figli più piccoli.