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Oxygen Map

Asti, progetto pilota per trasformare i boschi della Diocesi in “fabbriche” di ossigeno

L’Istituto per il Sostentamento del Clero ha ricevuto un finanziamento per mappare il patrimonio boschivo e farne una gestione in grado di produrre carbon credit da vendere alle aziende che inquinano troppo

E’ a capo del “braccio economico” della Diocesi che deve trovare le risorse per pagare, ogni mese, quei circa mille euro spettanti, in media, ai sacerdoti astigiani per il loro servizio alle comunità di fedeli. E’ Don Claudio Berardi, presidente dell’Istituto per il Sostentamento del Clero di Asti che ha ottenuto un importante contributo regionale per un progetto creativo nato con lo scopo di far fruttare il patrimonio boschivo delle parrocchie.
Don Claudio, cosa è l’istituto che lei presiede?
E’ un ente ecclesiastico no profit che gestisce beni appartenenti alle parrocchie della Diocesi di Asti alla data del 1985.
Di che tipo di beni si tratta?
Parliamo di alloggi affittati a famiglie, di terreni agricoli affittati ad aziende che, insieme, fruttano circa 150 mila euro l’anno di utile detratte le tasse. E poi abbiamo un vasto patrimonio boschivo che oggi rende molto poco.
Ed è proprio su questo che verte il progetto che vi siete visti finanziare, vero?
Sì, abbiamo ottenuto l’approvazione del progetto Oxigen Map che, nella sua prima fase, costerà 320 mila euro. Il 20% di questa cifra la mette l’Istituto mentre il resto è finanziato, tramite la Regione Piemonte, dai fondi europei Psr nella misura 16.2.1.
In cosa consiste Oxygen Map?
Possiamo spiegarlo come uno sportello incaricato di mappare con estrema precisione il patrimonio boschivo di tutti gli Istituti per il Sostentamento del Clero del Piemonte cui dare in seguito consulenza per portare i boschi a reddito. In questa prima fase verrà fatto un censimento su carta per capire quali, quanti e dove sono i boschi delle Diocesi e, con l’aiuto di un drone, se ne accerteranno i confini e il loro stato di fatto. Per ogni bosco si verificheranno eventuali danni da incendi, da smottamenti, da furti di legname, da malattie delle piante, da cadute per fenomeni atmosferici.
Quindi solo un grande censimento dei boschi diocesani?
No, non solo. E’ un lavoro propedeutico per una seconda fase che è poi anche il cuore dell’intero progetto Oxygen Map, ovvero una gestione boschiva mirata alla produzione di carbon credit, una importante “moneta ecologica” del futuro.
Si spieghi meglio.
Per essere in regola con i protocolli mondiali di riduzione delle emissioni in atmosfera, molte aziende che non riescono a stare in questi limiti, acquistano “certificati verdi” da chi invece lavora in modo da produrre ecologicamente ossigeno per riequilibrare la salubrità dell’atmosfera.
Dunque, da una parte abbiamo chi inquina più di quello che potrebbe ma dall’altra abbiamo chi compensa quell’inquinamento in modo da arrivare ad un “saldo” di emissioni che rientri nei parametri concordati.
Un credito di carbonio è un certificato negoziabile equivalente ad una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita grazie ad un progetto di tutela ambientale.
I boschi come possono produrre carbon credit da vendere?
Attraverso interventi selvicolturali molto specifici, è possibile fare in modo che un bosco assorba una maggiore quantità di anidride carbonica e rilasci una maggiore quantità di ossigeno.
Nella pratica significa effettuare tagli delle piante con tecniche che favoriscono l’aumento della massa fogliare, quella che cattura l’anidride carbonica.
Da dove partirete con questo esperimento?
Abbiamo già scelto 30 ettari: 15 sono situati nel Nord Astigiano, distribuiti su quattro boschi mentre gli altri 15 ettari si trovano nel territorio di Tortona, il cui Istituto per il Sostentamento del Clero ha partecipato con noi al progetto finanziato dall’Unione Europea.
Quanto durerà questa prima “prova” di produzione di carbon credit?
Un anno. Nel novembre del prossimo anno dovremmo già riuscire a rispondere alle domande sulla convenienza della coltivazione del bosco con questo scopo. Attualmente il valore di un carbon credit oscilla fra i 20 e i 90 euro.
Dunque una gestione completamente diversa del bosco rispetto ad oggi.
Decisamente diversa. Per questo motivo abbiamo fra i nostri partner anche l’associazione Atima per la ricerca di abbattitori di larghe vedute che vogliano abbracciare una modalità professionale più ecologica nello sfruttamento dei boschi.
Quella partita dalla Diocesi di Asti è un’idea che ha già dei precedenti?
No, siamo i primi ma l’Istituto centrale di Roma sostiene così convintamente il progetto che ci ha chiamati a presentarlo a tutti gli Istituti d’Italia che, insieme, possono contare su circa 30 mila ettari di bosco cui possono aggiungersi quelli delle Congregazioni religiose e degli altri enti ecclesiastici.

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