Ha trascorso 14 giorni ricoverato per Covid all’ospedale Cardinal Massaia, che finora aveva frequentato principalmente come clown Manomano, impegnato a portare allegria e sorrisi ai piccoli degenti del reparto di Pediatria.
E, considerandosi fortunato per essere stato dimesso – ieri (lunedì) – in buone condizioni di salute, ha sentito l’esigenza di raccontare la sua vicenda per dare un contributo al dibattito pubblico sull’emergenza sanitaria, rivolgendosi in particolare a chi minimizza la pandemia.
Parliamo di Beppe Pellitteri che, oltre ad essere da 14 anni volontario dell’associazione “L’arte del sorriso – Vip Asti”, è libero professionista nel campo della digitopressione ayurvedica, con studi ad Asti e Chivasso.
«Il Covid-19 – racconta – è un virus subdolo, molto più devastante di una normale influenza. Per quanto mi riguarda, all’inizio ho accusato febbre e un po’ di tosse, ma le mie condizioni sono andate progressivamente peggiorando. Finché, dietro consiglio del medico di famiglia, mi sono recato in ospedale. Devo dire che da quel momento i pensieri che si affollavano nella mente non erano piacevoli, sia perché mi riportavano alla morte della mamma, avvenuta lo scorso aprile, sia perché la sensazione di non riuscire a respirare può impaurire, gettare nel panico. Basti pensare che non avevo il fiato nemmeno per sbadigliare. Comunque sono riuscito a mantenere la calma, anche grazie al supporto telefonico di parenti e amici. Ma durante quel periodo pensavo a tutti coloro che hanno poche persone su cui contare, soprattutto “a distanza”, dato che non si possono ricevere visite».
Il ricorso all’ossigeno
«Quando la situazione è peggiorata, ho indossato vari tipi di caschi e mascherine con ossigeno: da quello che fornisce una irrorazione totale ad altre attrezzature con ventilazione forzata, via via di più piccole dimensioni e con una quantità di ossigeno sempre più ridotta. Certo, così potevo respirare, ma queste apparecchiature sono molto scomode, anche perché devono essere indossate giorno e notte, e dormire diventa veramente complicato. Ovviamente non voglio lamentarmi, ci mancherebbe. Voglio solo far sapere, a chi prende l’emergenza sanitaria poco seriamente, che il periodo di degenza non è semplice, nonostante il personale dell’ospedale (dai medici agli Oss, fino agli addetti alle pulizie) lavori con umanità e dedizione».
I progetti con l’associazione
Quale, allora, il primo pensiero dopo le dimissioni? «La gioia di poter riuscire a svolgere appieno tutte le funzioni vitali, e quindi di tornare gradualmente a condurre una vita normale, apprezzando ancora di più quello che ho. E poi l’intenzione, da condividere con gli altri membri dell’associazione, di aiutare due categorie di persone: coloro che, colpiti dal Covid, si sentono ancora più soli perché non possono contare su una rete di familiari e amici; e gli anziani che vivono nelle case di riposo, “isolati” da mesi. Un’idea, perché no, potrebbe essere quella di una chiacchierata al telefono. Ovviamente nel nostro stile di clown, all’insegna dell’allegria».
Una risposta
Consiglio saggio, ma inutile perchè sono ancora tanti quelli che si sentono più furbi e invincibili, non solo indossando la mascherina in modo non corretto, ma non indossandola affatto anche se devono entrare in un locale, e se provi a fare le tue rimostranze il minimo che ti capita è di essere insultato. Non sono episodi isolati, a me succede tutte le volte che vado in tabaccheria, che non è in luogo fuori mano, ma in c.so Alessandria. Non ne faccio una questione di paura, ma di senso di responsabilità e di rispetto, se non altro verso gli altri, ma devo constatare che più che seguire le regole ancora in troppi studiano solo come aggirarle.