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Luigi Poggi e moglie
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Dopo 70 anni chiude lo storico negozio Astifoto

In piazza I Maggio Luigi Poggi andrà in pensione a fine anno e nessuno continuerà la tradizione di famiglia nel mondo della fotografia

Dal 1952 Astifoto, in piazza I Maggio, è un punto di riferimento per tutto ciò che riguarda la fotografia, lo sviluppo, le stampe attraverso decenni di grandi innovazioni tecnologiche fino all’attuale offerta dei servizi “on demand” e digitali. Ma, presto, anche questo simbolo dell’artigianato cittadino chiuderà i battenti. Luigi Poggi, titolare dell’attività, ha deciso di andare in pensione a fine anno. Nessuno, ad oggi, rileverà il negozio verso cui la città ha anche un grande debito di riconoscenza dal momento che Poggi, nel 2019, ha donato all’Archivio Storico del Comune l’intero patrimonio fotografico, circa 200.000 immagini, che saranno scansionate e rese fruibili da tutti.

Poggi e Grassini

«Il negozio è stato aperto 70 anni fa da mio padre, Ezio Poggi, e dal suo socio Grassini – racconta – Io sono arrivato nel 1968 e quindi ho quasi 55 anni di lavoro. Avrei anche potuto continuare, ma il problema è che sono entrato per lavorare, per fare l’artigiano fotografo e purtroppo da una decina d’anni non è più così dal momento che il 60% del lavoro lo faccio per lo Stato». Purtroppo, come già successo per altre attività storiche cittadine, il pensionamento dei titolari metterà la parola fine a tutto. Poggi ha cercato di trovare qualcuno che potesse prendere in mano il negozio, ma non c’è stato nulla da fare. «Ai giovani non c’è nessuno che spieghi cosa sia il lavoro e come affrontarlo, specie se si punta a mettersi in proprio. I ragazzi – commenta amaro – vedono solo quelli che cantano, ballano o che chiacchierano e non capiscono come funzioni l’economia del lavoro. Qui c’è un negozio, c’è un sacco di merce che lascerei a chi subentrasse per appena 12.000 euro. E sarei disponibile a un affiancamento per insegnare quelle attività che bisogna saper fare. Però coloro che sono venuti ad informarsi non hanno questi soldi da investire, quindi si chiude».

«La foto racconta»

Un lavoro, quello che Poggi ha svolto, che è si è evoluto e che prevede un aggiornamento continuo per stare al passo con i tempi. «Ma il ruolo del fotografo non è poi così cambiato – continua – perché la fotografia, da quando è nata, ha sempre raccontato qualcosa attraverso un’immagine vuoi sui giornali, oppure sui libri e oggi sul web. È una professione sempre attuale e lo sarà sempre».

Oggi basta avere uno smartphone e qualche applicazione per sentirsi Oliviero Toscani, ma in fondo è una grande finzione. «Le fotografie che si fanno con il cellulare sono immagini di racconti che la gente ama tenere, ma quasi sempre restano sul cellulare o nel computer. Pochi sanno recuperarle o dove cercarle». Non è un caso che Vinton “Vint” Cerf, uno dei padri di internet e già vicepresidente di Google, abbia lanciato un monito a tutti: «Se ci sono foto a cui davvero tenete, createne delle copie fisiche. Stampatele». Invito che anche Poggi condivide. «Su questo punto posso dire che le donne sono coloro che hanno un po’ rivoluzionato l’approccio verso la tecnologia perché sono quelle che amano portarsi dietro l’immagine, magari anche nel ciondolino, da far vedere all’amica, etc. Per questo motivo sono loro, temendo di non poter più vedere le foto, che hanno subito cercato di riportarle su carta con il classico album fisico». Anche il gesto di Poggi di donare il patrimonio storico all’Archivio comunale va nell’ottica di lasciare una traccia di quello che è successo ad Asti e che lui, e prima suo padre, ha immortalato osservando quello che possiamo definire il primo comandamento del fotografo: essere presente, senza farsi notare.

«Il fotografo è come il prete»

«Abbiamo immagini che iniziano nel 1952, ma dentro ci sono anche foto più antiche, riproduzioni di foto che stavano sparendo. Da Asti è passato il mondo intero – ricorda Poggi – e tutti gli eventi che ho fotografato mi hanno lasciato un ricordo, qualcosa di unico. Il fotografo dev’essere come il prete o come il medico: vede, ma non vede; sente, ma non sente e soprattutto non parla. Questo me l’ha insegnato mio padre e penso che sia una regola ancora fondamentale. Siamo stati dietro le quinte della politica, nelle case di tanta gente, abbiamo visto un mondo, stando sempre al nostro posto. Purtroppo oggi non si parla più di deontologia del fotografo, ma questo perché fotografi artigiani non se ne vedono più, sono quasi tutti commercianti che fanno anche le fotografie». E se la qualità ha un costo, quasi mai il cugino “low cost” può sostituire un vero fotografo per un servizio professionale, dal matrimonio all’evento ufficiale. Non a caso Poggi conserva un maxi archivio di tutti i matrimoni immortalati: «Capita che a distanza di anni c’è chi viene a chiedere duplicati delle foto delle nozze. Con il fotografo si creano legami che poche altre professioni possono vantare».

[foto J.R]

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Una risposta

  1. Che peccato.
    Ormai da decenni ci sono solo più negozi di catena!

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