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Attualità

Foibe: una tragedia nascosta e dimenticata per lungo tempo

Soltanto dal 2005 viene celebrato, ogni 10 febbraio, il “Giorno del Ricordo” in memoria dei ventimila nostri connazionali torturati, assassinati e gettati nelle fenditure carsiche dalle milizie della Jugoslavia di Tito

Foibe: una tragedia nascosta per troppo tempo

I massacri delle foibe e l’esodo dalmata-giuliano sono una dolorosa pagina di storia che per troppi anni l’Italia ha voluto dimenticare.  Soltanto dal 2005 viene celebrato, ogni 10 febbraio, il “Giorno del Ricordo” in memoria dei ventimila nostri connazionali torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle tristemente famose milizie della Jugoslavia di Tito, alla fine della seconda guerra mondiale.

Le forze armate di Mussolini nei Balcani

Nei Balcani, soprattutto in Croazia e Slovenia, le due regioni confinanti con l’Italia, le forze armate di Mussolini, nel periodo tra le due guerre avevano amministrato quei territori con durezza imponendo un’italianizzazione forzata, reprimendo e osteggiando le popolazioni slave.  Qui avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Josip Broz, nome di battaglia “Tito” che avevano sconfitto i fascisti croati “Ustascia” e i “Domobranzi” che non erano fascisti ma ragazzi di leva sloveni, due schieramenti militari alleati degli italiani.

La vendetta di Tito

La prima ondata di violenza esplose, in Istria e in Dalmazia, dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e il crollo del Duce.
I partigiani di Tito si vendicarono contro i fascisti e con gli italiani non comunisti, considerati nemici del popolo jugoslavo e li torturarono e poi li gettarono nelle foibe.
Le vittime furono più di mille, le prime di una lunga scia di sangue.

L’esodo

Il trattato di pace di Parigi regalò alla Jugoslavia il diritto di confiscare i beni dei cittadini italiani con l’accordo che sarebbero poi stati indennizzati dal Governo presieduto da Alcide De Gasperi. Questo causò due ingiustizie.  Innanzitutto l’esodo forzato delle popolazioni italiane dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia che abbandonarono le loro case, tra il maggio e il giugno del 1945, ammassando sui carri trainati dai cavalli le poche masserizie che potevano portare con sé.  E, in seguito, il mancato risarcimento.  La stragrande maggioranza degli esuli emigrò in Sudamerica, in Australia, in Canada, negli Stati Uniti.

La morte nelle foibe

Le uccisioni avvenivano in in modo crudele, i condannati erano legati l’un l’altro con fil di ferro stretto ai polsi e schierati agli argini delle foibe.
Quando i partigiano aprivano il fuoco con raffiche di mitra non tutto il gruppo veniva ucciso ma solo i primi della catena umana che precipitando trascinavano con sé gli altri sventurati che a volte sopravvivevano per giorni nelle foibe e sui cadaveri, tra indicibili sofferenze.

Il Giorno del Ricordo

Come è possibile che una simile tragedia sia stata confinata nell’oblio per quasi sessanta anni? Tanti infatti ne son passati tra la fine del fascismo e il 2004 quando il Parlamento approvò la “legge Menia” (dal nome del deputato triestino Roberto Menia che l’aveva proposta) sulla istituzione del “Giorno del Ricordo”.
Alcuni politologi parlano di tacita complicità tra le forze politiche centriste e cattoliche e quelle di sinistra.  Fu soltanto dopo il 1989 con il crollo del muro di Berlino e la fine del comunismo sovietico che nell’impenetrabile diga del silenzio incominciò ad aprirsi qualche crepa.  Fu Raiuno a far conoscere agli italiani la tragedia delle foibe con la fiction “Il cuore nel pozzo” interpretata, tra gli altri, da Beppe Fiorello.
Guido Gabbio

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