La virtù più grande del pane sta nel fatto che si mangia tutti i giorni, anche più volte al giorno, e il suo profumo non stanca mai. Persino l’amore più grande rischia di sfiorire con il tempo, invece il pane, nella sua straordinaria semplicità, è sempre nuovo, sempre buono. Il re della tavola, così viene definito, un prodotto che mantiene una straordinaria unicità.
Sarà per questo che la recentissima riapertura del “Forno Peppino”, sito in corso Alba 85, porta con sé l’entusiasmo di ritrovare una certezza preziosa dell’infanzia di tanti astigiani, che hanno assaporato le sue specialità a partire dagli Anni Settanta. Inebriati dal profumo inconfondibile di un filone appena sfornato, e tutt’oggi felici di constatare che i prodotti di qualità restano indelebilmente amati, a prescindere dal cadenzare del tempo. Perché, in fondo, “senza pane e senza vino, l’amore non è nulla”. Siamo andati a scoprire, in occasione della riapertura ufficiale, come nasce il nuovo “Forno Peppino”, ed è immediato evincere come alla base del “concept” ci siano termini quali tradizione e continuità. Una continuità data dall’utilizzo di un sistema di produzione storico, rigorosamente con un lievito madre con 128 anni di vita, e dalla presenza, al fianco di Simone Lorenzato, di Giuseppe Tufano, per tutti “Peppino”.
Il suo forno, e lui, danno la sensazione di manifestare la stessa passione di sempre. Il nuovo “duo” della location sarà quindi il giusto mix fra la gioventù di Simone e l’esperienza, la tradizione, di Peppino.
«Il filone e la pannella, la pizza rossa resteranno i capisaldi della nostra location, così come lo erano in precedenza – racconta Simone Lorenzato – Accanto a questi prodotti, per i quali utilizziamo farine di pregio a basso contenuto glutinico, inseriremo anche altre novità, quali la focaccia genovese, la pasticceria secca, le crostate. Effettueremo anche altri tipi di lavorazioni in chiave moderna».
«Nel passato utilizzavo le cassette di legno per il pane e anche oggi chi si recherà al forno le potrà notare, il metodo di preparazione dei nostri prodotti di punta resta lo stesso, cui va aggiunta la presenza di macchinari moderni che permetteranno di migliorare le tempistiche di alcune produzioni», aggiunge Giuseppe Tufano.
La tradizione, con il pane e la pizza “rossa”, alcune novità succulente, come la focaccia genovese e prodotti di pasticceria, ma anche altre proposte che hanno quale denominator comune la qualità e la tradizione: la pasta “Russo”, proveniente dalla Campania, che rappresentava un prodotto di punta del forno del passato, oltre che le paste di grano italiano de “La Fabbrica della Pasta” di Gragnano, per gustare primi piatti succulenti di origine partenopea, ma anche i salumi “Levoni”, come la mitica mortadella Serie Oro, e non solo. Una forte identità locale è inoltre rappresentata dalla presenza di miele biologico delle nostre zone. Una varietà di opzioni che non potrà che soddisfare i palati più esigenti, e quel profumo inconfondibile di pane che non farà altro che strappare un sorriso, suscitare le papille gustative di tanti astigiani che hanno amato e ameranno ancora a lungo il “Forno Peppino”. Perché i prodotti di qualità non subiscono l’influsso del tempo.
Una storia nata nel 1963
Se riavvolgiamo il nastro dei ricordi e ripercorriamo la storia di una location radicata in città, si mescolano magicamente un pizzico di malinconia, i profumi del tempo, e tanti flashback: a rendere speciale tutto ciò la gioia di vedere nuovamente sorgere un forno che fa rima con tradizione. Una tradizione nata nel 1963, quando Giuseppe Tufano lascia Napoli e il lavoro da salumiere per imparare dallo zio, Giovanni Lauri, il mestiere del panettiere.
«E’ stato lui a insegnarmi a fare il pane, a Ponticelli in provincia di Napoli – ricorda “Peppino” – Ci siamo trasferiti al Nord assieme e lui ha aperto un punto vendita in Frazione Lepre ad Asti. Avevo vent’anni e mi occupavo di vendere i prodotti, poi, nel 1970, mio zio si trasferì in via Pallio e io decisi di continuare da solo in corso Alba, dove sorge tuttora il forno». Pochi prodotti, ma di assoluta qualità: il pane, solitamente filone e pannelle da due chili, e la pizza rossa. Col passare del tempo, il forno divenne meta di culto per tanti astigiani, oltre a fornire molte altre location. «Ricordo ancora negli Anni Ottanta quando producevo circa tre quintali di pane al giorno – conferma Giuseppe Tufano – In una settimana utilizzavo circa venticinque quintali di farina». E fa effetto pensare che il forno ripartirà anche dalla farina utilizzata storicamente. Il legame fra Peppino e il suo pane, iniziato nel 1963 e sospeso nel 2013, prosegue: i profumi, le forme sono gli stessi di allora, e ci fanno tornare eternamente giovani.
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super