Dopo cinquant’anni di “militanza”, come l’ha chiamata, Beppe Gandolfo lascia il consiglio direttivo della Fidas di Canelli. Volontario prima, consigliere poi, Gandolfo ha sempre abbinato all’attività lavorativa (era alle dipendenze dell’azienda spumanti era Riccadonna Spa) e alla vita in famiglia il servizio ai donatori di sangue.
Percorso che lo ha condotto, dai primi anni della nascita della sezione locale, alla crescita del gruppo, il trasferimento di sede sino al dramma dell’alluvione del 1994, quando i locali della Fidas furono devastati dall’acqua. La nascita del complesso di via Robino, il Centro Volontariato Trento che segna l’amicizia che ancora lega Canelli al Trentino, lo sviluppo e l’incremento delle attività.
Ha “allungato il braccio” per la donazione più di cento volte, sino a quando non ha raggiunto il limite di età concesso per il prelievo. “Ma mi rendo ancora utile nel distribuire i volantini delle donazioni e quel che c’è da fare in sede” dice, orgoglioso. Invitando i giovani a “donare sangue, è una grande necessità soprattutto ora” dice, memore di una malattia che aveva colpito un famigliare, poi superata, che aveva richiesto numerosi trasfusioni di sangue. Impegno, il suo, che gli è valso il riconoscimento “Alessandra Re Rebaudengo”, onorificenza consegnata dalla Fidas piemontese a chi si è distinto per la divulgazione del dono del sangue nel proprio territorio.
“Una vita spesa al servizio del prossimo e della Fidas, che non dimentichiamo” è il commento di Mauro Ferro, presidente della sezione canellese.