Paolo Lanfranco, presidente in scadenza della Provincia di Asti e sindaco uscente di Valfenera, lascia la Lega dopo oltre 30 anni di attività nel partito. Non si può parlare di fulmine a ciel sereno, perché chi segue le vicende politiche astigiane conosce molto bene le divergenze di vedute, su molti temi locali, tra Lanfranco e i vertici del suo ormai ex partito.
Ma la clamorosa decisione di andarsene, a pochi giorni dalle elezioni amministrative, dà un valore ancora più significativo all’atto in sé e senza dubbio scatenerà discussioni anche tra gli iscritti, i militati e i candidati alle prossime elezioni.
«È giunto il momento – scrive Lanfranco al Segretario regionale della Lega, Riccardo Molinari, e al Commissario astigiano Andrea Giaccone – di prendere atto di come la mia permanenza risulti ormai inconciliabile e fonte di reciproco imbarazzo, per ragioni che afferiscono la linea politica nazionale e, soprattutto, a causa di profonde divergenze in ordine al modo di intendere il ruolo del partito nel contesto istituzionale locale. È noto come la Provincia, ente di cui ho cercato di tutelare la dignità e l’autonomia, sia stata a più riprese destinataria di attacchi irrituali da parte di rappresentanti di altre istituzioni locali. Non è il caso di ricostruire quanto avvenuto, a tutti noto, ma il fatto che non sia mai arrivata una presa di posizione ufficiale e pubblica da parte dei vertici astigiani della Lega lo considero un preoccupante sintomo di inconsapevolezza del ruolo che dovrebbe assolvere il partito nella governance territoriale, di arrendevole soggezione e, permettetemelo, una ingenerosa scorrettezza nei miei confronti».
Lanfranco non si riferisce soltanto all’ultimo clamoroso episodio che lo ha visto criticare il presidente del GAL Basso Monferrato, Mario Sacco, circa la gestione dello stesso e la mancata elezione del suo successore, ma indirettamente si riferisce a vari episodi che si sono verificati nel corso del recente passato. Tra questi le divergenze sul Tavolo dello Sviluppo, poi tavolo tecnico per il rilancio dell’economia in previsione del PNRR, su cui Lanfranco ha avuto molto da ridire per la modalità di adottate, ma anche per le scelte non condivise della Regione Piemonte (il cui vicepresidente è il leghista astigiano Fabio Carosso) sul piano degli investimenti nel settore della Sanità che ha visto tagliato fuori dai grandi progetti proprio il nord Astigiano. Sanità nella quale è aperta la questione del 118 con molti paesi del nord della provincia di Asti “penalizzati” di notte a causa di una non adeguata distribuzione dei mezzi di soccorso.
Poi ci sono stati i diversi scontri con il sindaco di Asti Maurizio Rasero e con i consiglieri di maggioranza espressi nel Consiglio dell’Ente provinciale proprio dal Comune di Asti. Querelle su querelle che hanno visto Lanfranco chiedere in più occasioni il rispetto dei ruoli istituzionali e, in particolare, di quelli dell’Ente da lui guidato.
«L’incarico di Presidente della Provincia e quello di Presidente dell’Unione delle Province del Piemonte mi ha peraltro portato a riscontrare in questi anni, con profonda amarezza e delusione, una distanza insanabile di questa Lega da quell’attenzione sostanziale alle Autonomie locali che costituiva la base del progetto federalista e della mia originaria convinta adesione al partito. – aggiunge Lanfranco nella sue dimissioni – Non vi posso infine nascondere che, tra le numerose questioni specifiche che mi hanno condotto a questa decisione, hanno lasciato una ferita profonda le recenti scelte, discrezionali e irragionevoli, con cui sono stati di fatto penalizzati i servizi sanitari territoriali nell’area villanovese ed i servizi di soccorso 118 nel nord Astigiano. L’indisponibilità all’ascolto, al confronto, all’elaborazione partecipata e critica, alla ricerca di possibili soluzioni equilibrate e condivise, rende ai miei occhi inaccettabile questo metodo di agire politico, prima ancora delle specifiche decisioni».
«So che sarò incolpato di eventuali risultati insoddisfacenti nella prossima tornata elettorale; – conclude il presidente Lanfranco – allo stesso modo so che se avessi comunicato questa decisione dopo le imminenti consultazioni sarebbe stato detto che abbandonavo nel momento del declino. Ero nella Lega Nord quando raccoglieva il 3% dei consensi e ci sono sempre rimasto perché sentivo di condividere, pur tra molte contraddizioni, una tensione verso il cambiamento che oggi posso solo rimpiangere».