Cerca
Close this search box.
Il racconto dei profughi: giorni in maresenza sapere dove stavamo andando
Attualità

Il racconto dei profughi: giorni in mare
senza sapere dove stavamo andando

La pelle segnata dal vento e dalle screpolature, gli occhi che "parlano" anche tacendo la parola: seppur in buone condizioni di salute e con un timido sorriso sulle labbra, i 50 giovani

La pelle segnata dal vento e dalle screpolature, gli occhi che "parlano" anche tacendo la parola: seppur in buone condizioni di salute e con un timido sorriso sulle labbra, i 50 giovani uomini arrivati a Villanova da terre lontane hanno ancora i segni e i ricordi vivi del viaggio appena intrapreso, alla volta di una nuova vita. Chi in arrivo dal Ghana, un anno di viaggio tra le varie tappe di paese in paese, con famiglia, due figli e una moglie ancora in Africa, chi arrivato dal Mali, 4 giorni di viaggio e un bagaglio di speranza (di trovare lavoro) con sé, all'età di 17 anni come di 27, parlano francese o inglese (dipende dalla zona geografica dell'Africa).

Accolti dalla comunità, hanno avuto subito tutto l'occorrente per i generi di prima necessità, non solo quella fisica: hanno e stanno tutti telefonando a casa per poter dire «sono vivo, tutto bene». Chi lascia a Mali la moglie e scappa dalla guerra che ormai c'è da anni e sogna di potersi ricongiungere ai parenti in Francia: «Dopo mesi di vita difficile in Algeria, dove il lavoro non c'è – racconta un giovane – tento un altro viaggio, quello verso l'Italia». «Siamo stati in mare 4 giorni, su un barcone di circa 100 persone, era notte, abbiamo perso la strada, abbiamo avvisato, chiesto aiuto e l'Italia ha risposto. È stata dura, dura. Sulla barca c'erano bambini e donne, alcune anche incinte. Morti non ce ne sono stati, non sulla nostra barca, ma è stata dura, stare in mezzo al mare senza sapere dove sei e dove stai andando».

Ora, nel cortile della Casa del Pellegrino, gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, alla domanda se sono contenti di essere qui, annuiscono con la testa, alcuni abbozzano un sorriso, altri dicono parole belle per chi li ha accolti come fratelli, con gentilezza e competenza. Beppe Amico informa che, dopo questi primi giorni a Villanova, si valuterà dove sistemare i 50 uomini: «E' in previsione di portarli a Villa Quaglina di Mongardino, frazione Valle Tanaro, ma stiamo ancora valutando il da farsi, in settimana decideremo». E se da una parte ci sono i migranti appena arrivati, dall'altra c'è un mediatore linguistico, somalo, che venerdì si è interfacciato con altri ragazzi somali; è simbolo di speranza compiuta, dopo 3 anni; giunto in Italia nel 2011, ha fatto vari tirocini formativi e ha lavorato presso alcuni gommisti nell'Astigiano. Sorridente si racconta: «Mi ricordo bene quando sono arrivato il 7 maggio 2011: ora sto bene qui, voglio trovare casa, un lavoro e fare famiglia».

Roberta Arias

Condividi:

Facebook
Twitter
WhatsApp

Le principali notizie di Asti e provincia direttamente su WhatsApp. Iscriviti al canale gratuito de La Nuova Provincia cliccando sul seguente link

Scopri inoltre:

Edizione digitale