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Il commento

Il ricercatore storico: «Ridiamo a piazza Cattedrale la sua dignità»

Una storia affascinante di uno dei monumenti più belli di Asti, ma anche tra i meno valorizzati

Asti, un Duomo una città.

Difficile coniare una sintesi più efficace del titolo del libro di Gianfranco Monaca (edito alla fine degli anni ’80 dalla Cassa di Risparmio di Asti) per comprendere l’importanza per la nostra città di questo maestoso Complesso Episcopale. Prendo quindi spunto da questo bel titolo proprio perché, parlare dalla Cattedrale, significa inevitabilmente ripercorrere oltre un millennio di storia di Asti, per cui non basterebbe un libro per farlo e, ovviamente, non possono essere sufficienti queste poche righe. A tal proposito basta ricordare che Asti, anticamente, era urbanisticamente distinta in tre punti nevralgici entro cui si sviluppa la città medievale: Castelvecchio, la Cattedrale e la chiesa di San Secondo centri di potere religioso, economico e politico, sia nella Asti vescovile sia in quella di epoca comunale. La stessa collocazione topografica della Cattedrale di Asti, la sua storia e le funzioni che essa esercitava nel contesto urbano e diocesano, ponevano Santa Maria al centro della vasta e complessa struttura ecclesiastica e politica diocesana.

Senza alcun dubbio, tra i vari tesori che fanno parte del patrimonio storico-artistico della città di Asti, la Cattedrale è certamente la perla più preziosa ma, allo stesso tempo, tra le tante chiese episcopali piemontesi di origine medievale, forse è anche quella tra le meno comprese e valorizzate.

Sebbene la storiografia locale si è a più riprese cimentata nello studio del complesso sistema di edifici episcopali, a tutt’oggi purtroppo una storia completa ed esaustiva della Cattedrale di Asti non è mai stata scritta né, allo stato attuale delle conoscenze parrebbe sia possibile scriverla. La citazione più antica della chiesa di Santa Maria è dell’885, in seguito, per ragioni oggi ancora poco chiare, sul finire dell’XI secolo la primitiva Cattedrale venne riedificata in stile romanico, per poi essere successivamente consacrata nel 1095 da papa Urbano II di ritorno dalla Francia dal Concilio di Clermont, dove era stato per promuovere la prima crociata. Ad una fase successiva risale invece la possente torre campanaria quadrangolare in stile romanico-lombardo, tuttora esistente sul lato sud, torre che in origine era composta di sette piani più una guglia ottagonale, ma che nel corso del XVII secolo venne ribassata di un piano e amputata della guglia, portandola così all’attuale altezza di circa 38 metri. L’originaria torre campanaria, per quanto ne seppiamo, potrebbe essere stata vittima di un crollo strutturale, l’attuale campanile fu infatti ricostruito a partire dal 1266, sotto il turbolento episcopato di Corrado di Cocconato (1260-1282), ad opera – secondo quanto riporta l’iscrizione posta su una lapide murata alla base dello stesso campanile – di un certo “devotus Ghigo”, nome forse del promotore dell’edificazione.

Promotore della raccolta fondi per la restaurazione del campanile del Duomo fu sicuramente il vescovo Corrado, il quale, nell’estate del 1266, emanò un precetto per le elemosine per la ricostruzione del campanile della Cattedrale, invitando tutti i sacerdoti e i ministri di Italia e della diocesi a devolvere a tal fine le offerte delle proprie parrocchie, consigliando loro di stimolare i propri parrocchiani a confessarsi e ingiungendo per la loro remissione dei peccati di “legare ac tribuere (…) intuitu pietatis” secondo le proprie possibilità, e di consegnare tali donazioni all’arciprete di Italia all’inizio di ogni trimestre. Al precetto del vescovo astese fece seguito pochi giorni dopo la bolla di papa Clemente VII, che rilasciava un’indulgenza per la raccolta di fondi da devolvere nel rifacimento del campanile della Cattedrale. Ciò nonostante la ricostruzione (o il restauro) durò parecchi decenni, quantomeno fino agli anni ’90 del Duecento e fu, verosimilmente, il primo significativo intervento edilizio per la ricostruzione della nuova Cattedrale gotica.

Sebbene le fasi costruttive della chiesa odierna siano ancora in parte da chiarire, è molto probabile che l’avvio della “fabbrica” della nuova Cattedrale prese vita proprio negli ultimi anni dell’episcopato dell’influente presule astese Corrado di Cocconato, deceduto nel 1282 e tumulato in Cattedrale “ante altare Sancti Iacobi”. Come accennato, molto incerta risulta ancora la fase di avvio della nuova fabbrica la quale, secondo una lunga e radicata tradizione, ha sempre attribuito l’inizio relativo alla posa della prima pietra dei lavori di ricostruzione della Cattedrale gotica alla metà degli anni Venti del Trecento, sotto l’episcopato del vescovo Guido di Valperga, continuata poi col suo successore il vescovo francese Arnaldo De Rosette, per concludersi verso il 1354 col vescovo Baldracco Malabaila. Tuttavia, sulla base di studi condotti su confronti di stile eseguiti su parte delle sculture poste in facciata e sul “Portico dei Pelletta” nel 1992 del prof. Giovanni Romano, si rimetterebbe quantomeno in discussione il ruolo avuto dal vescovo francese nella vicenda costruttiva, retrodatando l’inizio del cantiere tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento.

Frutto di un progetto ardito ed imponente, l’odierna Cattedrale di Asti, ispirata ai modelli delle cattedrali gotiche francesi, è in sintesi il risultato di numerosi rifacimenti e ampliamenti, stratificazioni ascrivibili a fasi cronologiche anche molto differenti tra loro, che si svilupparono in un arco cronologico lungo circa settecento anni. Con i suoi 86,50 metri di lunghezza e 24 di altezza e di larghezza, quando parliamo della bella ed imponente Cattedrale gotica di Asti, dedicata a Santa Maria Assunta e (pochi lo sanno) a San Gottardo, stiamo parlando della più grande chiesa del Piemonte e del più insigne monumento gotico della regione, oltre che uno dei maggiori capolavori gotici del nord Italia. Il Duomo, parte integrante di quello che viene chiamato il “Complesso Episcopale della Cattedrale”, si presenta in tutta la sua maestosità su una delle più belle e ampie piazze della città (potenzialmente, a mio avviso, la più bella ed affascinate), purtroppo oggi solo in parte circondata da pregevoli edifici storici – risalenti o meglio ristrutturati in epoche diverse – originariamente appartenuti a nobili famiglie astesi come i Pelletta e i Layolo, che nel tempo contribuirono finanziariamente alla sua fabbrica.

In merito a Piazza Cattedrale, ubicata nel vero cuore storico di Asti, all’interno di un contesto architettonico ed archeologico a dir poco affascinante che, turisticamente parlano, fa certamente invidia a qualsiasi altra città che tale voglia definirsi, non posso che sposare pienamente alcune belle parole scritte nel 2018 del nostro Sindaco, che cito: “(…) Il Duomo, con la sua grande piazza omonima, è certamente uno dei simboli della Città e da qui si diramano suggestive vie che portano ad angoli inaspettati e regalano ai residenti e ai turisti un’immagine di Asti che richiama un passato architettonico, storico e artistico di tutto rispetto. (…)”, il “Saluto del Sindaco di Asti” Maurizio Rasero (in Francesca Cavagnino e Mirella Bianchi, La Cattedrale di Asti: la storia, l’architettura e le arti decorative del complesso episcopale più grande del Piemonte”, L’Artistica Editrice, 2018).

Sebbene, ribadisco, non si possa che condividere quanto espresso dal Sindaco, va altresì detto che, allo stato attuale delle cose, bisogna purtroppo constatare che oggi l’immagine che regala la zona, soprattutto ai turisti, non è proprio così entusiasmante; ma è proprio quello che il Duomo, la sua Piazza e le vie circostanti del Rione Cattedrale ci piacerebbe diventassero “domani”. Sarebbe quantomeno auspicabile dedicare alla piazza del Duomo – in qualsiasi altro contesto italiano solitamente uno dei fiori all’occhiello della città – la stessa cura, attenzione e valorizzazione urbanistica che è possibile riscontrare in altre belle piazze di Asti, facciamo un esempio su tutti, Piazza San Secondo. Abbiamo due splendide piazze, sedi delle due principali chiese urbane, perfetto, valorizziamole entrambe adeguatamente e rendiamole di pari “dignità”. Il sogno: veder trasformare Piazza Cattedrale nel centro artistico e turistico più importante di Asti, il vero fiore all’occhiello.

Mi limito solo ancora a ricordare che grande fortuna ha la nostra città nel possedere un simile patrimonio storico-architettonico, purtroppo troppo poco valorizzato, non pienamente sfruttato o peggio ignorato.

Luca Campini, ricercatore di storia e sigillografia medievale

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