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Iulia, fuggita sotto le bombe di Kiev si offre per tagliare gratis i capelli ai suoi connazionali

Ha trovato rifugio fra la pace delle colline di Refrancore ma negli occhi e nel cuore rimangono i giorni drammatici nel bunker e poi la fuga a piedi, durata ore, con tre uova sode in tasca per nutrirsi

La pace delle colline di Refrancore non riesce a cancellare lo spavento dagli occhi e dal cuore di Iulia, 35 anni, fuggita sotto le bombe di Kiev.
Una laurea in psicologia, un diploma da parrucchiera e una carriera nella vendita di accessori di lusso nella capitale Ucraina, Iulia è originaria del sud del Paese, dove ha lasciato madre, padre e nonna ultranovantenne.
Da 12 anni si era trasferita a Irpin, la grande città moderna e dall’inconfondibile stile europeo che si trova a pochi chilometri da Kiev. Qui ha acquistato un appartamento per essere più vicina alla capitale, dove lavorava per una catena di negozi il cui manager è il sindaco.
Quando la situazione, a fine febbraio, cominciava a farsi pesante, aveva prenotato un biglietto aereo da Kiev a Malpensa per il 24, ore 11,20. Si era fatta ospitare da un’amica per essere più vicina all’aeroporto ma quella stessa mattina è stata svegliata dalla madre che, da Mellitopol, già invasa, le ha urlato al telefono di scappare, di fuggire in Italia dal fidanzato Matteo. «Mi sono affacciata alla finestra e ho visto una coda di auto fuggire da Kiev – racconta – poi ho fatto la valigia per andare in aeroporto e ho scoperto, due ore prima di partire, che erano stati annullai tutti i voli. Non potevo partire».
Qui comincia la sua odissea.
«Il mio alloggio era ad un piano alto di un grattacielo, un bersaglio troppo facile. Con un’amica e le sue due figlie ci siamo trasferite in una villetta con bunker scavato sotto la cantina. Piccolo, con poco ricambio di aria, illuminato solo con una lampadina (nella photogallery). Dormivamo tutti sui materassi a terra e sono uscita una volta sola per comprare da mangiare: al supermercato ho trovato solo qualche bottiglia d’acqua e uova». In quel bunker, sentendo continuamente le sirene che annunciavano i bombardamenti, ha passato sette giorni. «Non ci siamo mai svestite, dormivamo anche con le scarpe addosso per paura di dover fuggire da un momento all’altro».
Sentivano i rombi degli aerei e i boati delle bombe sganciate su Kiev; ogni volta i muri del bunker tremavano.
Poi la decisione di fuggire. «Ho messo qualche vestito in uno zaino e sono partita con una bottiglia d’acqua e tre uova bollite in tasca. Ho percorso 11 chilometri a piedi fra le macerie per arrivare alla stazione dove sono stata in piedi per tantissime ore, senza poter neppure andare in bagno per non perdere il posto in attesa del primo treno possibile.

Per arrivare alla stazione sono passata sullo stesso ponte che attraversavo ogni giorno per andare a lavorare e l’ho trovato bombardato (nella photogallery) e con dolore mi sono accorta che un asilo che si trova sotto casa mia era stato occupato dai russi che lo avevano trasformato in un piccolo comando; di fronte avevano un supermercato dal quale si servivano senza pagare e sopra c’era un condominio dove la maggior parte degli alloggi era stata abbandonata dai profughi. Hanno sfondato le porte e si sono sistemati negli appartamenti vuoti (nella photogallery).
La prima tratta in treno  è stata Kiev-Ternopil e poi di lì, pagando, l’autobus che ci ha portati verso l’Europa. Siamo arrivati a Varsavia dove sono riuscita a trovare un biglietto aereo per l’Italia. Un viaggio terribile, fra donne, anziani, bambini piccoli che neppure più piangevano, tanta era la paura».
A Refrancore è stata accolta da Matteo e dalla sua famiglia, ma i segni di quella settimana sotto i bombardamenti non guariscono.
«Ora sono molto preoccupata per i miei genitori e mia nonna. Cominciano a finire le scorte di cibo e di medicine, spesso viene interrotta l’acqua, la luce, le telecomunicazioni. Ogni volta che non risponde al telefono non so mai cosa sia successo loro. E’ terribile».
Iulia ama l’Italia e ama l’Europa: «Tutti noi ucraini guardiamo l’Europa e vogliamo assomigliarvi; negli anni vi abbiamo osservato e abbiamo fatto il possibile per essere come voi, perchè qui c’è la libertà, non ci sono dittatori».
Iulia ha un appello che gli preme di fare: «Ho visto quanto l’Italia sta facendo per i miei connazionali. Vorrei ricambiare e prestare la mia opera in qualche associazione di volontariato. Posso fare l’interprete o posso intrattenere i bambini ucraini che stanno arrivando. Sono anche parrucchiera, mi offro per tagli di capelli e acconciature gratuite per i miei compatrioti».

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