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Ius Scholae consiglio comunale di asti
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Ius Scholae, il Consiglio (quasi) compatto approva un odg in favore della cittadinanza agli studenti

La proposta del Pd, contrari i consiglieri di Fratelli d’Italia e un esponente della Lega

Con 25 voti favorevoli e 4 contrari, il Consiglio comunale di Asti ha approvato, nella seduta di martedì, un ordine del giorno in favore dello Ius Scholae come percorso “veloce” per ottenere la cittadinanza italiana. La votazione è un atto simbolico (la competenza in materia è del Parlamento), ma è un segnale che quasi tutta la maggioranza del Consiglio e tutte le forze di minoranza hanno voluto lanciare verso il governo.

A presentare la mozione, da cui poi è scaturito l’ordine del giorno, è stata la consigliera del Partito Democratico Maria Ferlisi. «La proposta dello Ius Scholae è inclusiva e permetterebbe ai ragazzi che hanno frequentato cinque anni di scuola di ricevere la cittadinanza italiana, ma risponde a un’esigenza concreta anche della nostra provincia dove molti ragazzi vanno a scuola e partecipano alle attività sebbene siano esclusi dalla vita sociale, concorsi pubblici e borse di studio perché non cittadini. Il riconoscimento della cittadinanza, – ha aggiunto Ferlisi – avrebbe poi un impatto anche sulle loro famiglie».

Un tema, quello dello Ius Scholae, su cui si è aperto un dibattito tra maggioranza e opposizione nel quale si è approfondito il discorso sotto vari punti di vista. «Oggi questa amministrazione ha un’occasione per dimostrarsi al passo con i tempi – ha osservato Vittoria Briccarello (Uniti si può) – anche perché su questa tematica siamo indietro non solo rispetto ad altre nazioni, ma anche a livello politico non dando risposte a persone che in questo Paese abitano».

Massimo Cerruti (Movimento 5 Stelle) ha detto di voler sostenere la mozione perché «è antistorico non prende in considerazione il fatto che ci siano persone non nate in Italia, ma da tempo presenti sul nostro suolo nazionale e che frequentano le nostre scuole dove il 10% è di origine straniera. È anche condivisibile che, per ottenere la cittadinanza tramite lo Ius Scholae, conti l’aspetto culturale». Di momento unificante per il Consiglio comunale e di sana democratica dialettica hanno invece parlato i consiglieri Paolo Crivelli (Prendiamoci cura di Asti) e Michele Miravalle (Pd), mentre il consigliere Roberto Migliasso (AstiOltre) ha citato le recenti parole del Presidente Sergio Mattarella sul fatto che “nessuno debba sentirsi straniero in casa sua”.

Un tema, lo Ius Scholae, su cui il sindaco Maurizio Rasero ha lasciato libertà di voto ai consiglieri di maggioranza perché si tratta di un argomento molto personale. «Sono d’accordo nel dire che ci sono ragazzi extracomunitari che meritano la cittadinanza – ha commentato il sindaco – però, a fianco dei diritti, dobbiamo anche chiedere dei doveri. Purtroppo ci sono parti politiche che non hanno questa mentalità. Invece siamo tutti concordi che la lingua e lo studio dell’italiano siano determinanti: fino a oggi ho dato più di mille cittadinanze e tra queste c’erano soggetti che non sapevano la lingua. Di certo nella maggior parte di loro ho visto l’orgoglio e il piacere di aver concluso un percorso, persone che non vedevano l’ora di arrivare al traguardo».

A favore dello Ius Scholae si è espressa Loretta Bologna, assessore all’Istruzione, ricordando che «in alcune scuole c’è l’80% di stranieri e quindi è un problema da affrontare; dopo un percorso di studi adeguato penso che sia un diritto vedersi riconoscere la cittadinanza, soprattutto se riusciamo a guardare la città da qui a 20 anni, mettendo da parte le posizioni di partito». Visione che ha voluto testimoniare l’assessore all’Anagrafe Giovanni Boccia dicendosi «testimone, tutti i giorni, di come la società stia cambiando e di come la cittadinanza sia una questione culturale e di vita». Interventi che, però, non hanno convinto i tre consiglieri di Fratelli d’Italia contrari all’approvazione dell’odg come contro ha votato la consigliera Domenica Aschiero della Lega.

«Un ordine del giorno che ha questi presupposti rischia di svilire l’argomento – ha osservato Roberto Venturini (FdI) – perché porta a discuterne in una maniera non sufficientemente condivisa. Bisognerebbe parlarne seriamente, in maniera più politica. Integrarsi in un Paese vuole dire conoscerlo, conoscere le regole, la cultura, la storia, la lingua:  questo significa incominciare a diventare italiani e gli strumenti che adesso abbiamo lo permettono. Vanno rivisti, ma alle soluzioni proposte da voi diciamo di no. Lo Ius Scholae che voi proponete andando a introdurre i cinque anni ci lascia contrari: perché cinque quando la scuola italiana prevede l’obbligo di dieci anni?».

Un interessante contribuito alla discussione è stato dato dal presidente del Consiglio, Federico Garrone, anche alla luce dei suoi trascorsi da allenatore di calcio in squadre di giovani originari da diverse nazioni. «Per me è rilevate il tempo della scuola dell’obbligo, perché il primo dovere di un cittadino italiano quando nasce è proprio frequentare la scuola dell’obbligo – ha sottolineato Garrone – Ritengo che sia quello il luogo dove imparare la cultura, la lingua, dove “io” sono al pari degli altri ragazzi italiani. La scuola permette di imparare la cultura e il mio invito è quello di riflettere sul termine dei cinque anni, anche se non è nostra competenza stabilirlo. Ma se vogliamo dare un segnale per me è quello».

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