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Antiche Mura di Asti e Bastione della Maddalena28
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Le Antiche Mura di Asti e il Bastione della Maddalena: un sito archeologico abbandonato all’incuria

Il ricercatore di storia e sigillografia medievale Luca Campini ripercorre i fasti di una delle opere urbanistiche più importanti di Asti e spiega perché è ora di intervenire per riportarla al suo antico splendore

La costruzione della prima cerchia muraria di Asti a protezione della parte più antica dell’abitato e degli spazi del potere – il cosiddetto “Recinto dei nobili” – prese le mosse nel periodo comunale e fu compiuta, secondo le indicazioni tratte dalla Cronaca di Ogerio Alfieri, tra il 1190 quando la città era ancora semplicemente de sepis clausa e il 1280, anno in cui sappiamo che la città è dotata di mura clausa bonis muris et novis.

In merito alla cerchia urbana che, fino a due secoli fa, circondava il centro storico di Asti, va premesso che purtroppo non conosciamo nel dettaglio quanto vorremmo; la nostra conoscenza si basa molto sulle fonti documentarie, in particolare sulla la cartografia storica. L’immagine che abbiamo è di un circuito murario coronato da una merlatura a “coda di rondine” il quale, presumibilmente, in conformità ad analoghe strutture fortificate duecentesche tutt’oggi esistenti, un tempo si elevava dal piano di campagna forse per una decina di metri d’altezza, ed era intervallato lungo tutto il suo sviluppo da torri perimetrali la cui altezza, seguendo canoni piuttosto usuali per quell’epoca, poteva anche essere all’incirca il doppio dell’alzato della cortina, dunque tra 15 e 20 metri.

All’esterno delle mura era addossato un massiccio terrapieno a forte pendenza, imponente anch’esso, realizzato con materiale di riporto dell’ampio scavo del fossato che correva tutt’attorno ad esse. Entrambi erano parte dell’opera difensiva com’era di consuetudine farsi a quel tempo. Per capirci, stiamo parlando di una cerchia interamente in laterizio che si estendeva all’incirca per 3 km, circoscrivendo una superficie che si aggirava sui 60 ettari. Per dare un ordine di grandezza come metro di paragone: la vicina città di Alba si sviluppava su 35 ettari circoscritti da poco più di 2 km di mura. Per Asti, a nota, stiamo parlando solo della prima cerchia, perché il secondo giro di mura, il cosiddetto “Recinto dei borghigiani”, si spiegava per oltre 6 km e raddoppiava la superficie!

Negli anni dell’occupazione spagnola del primo ’500, le mura medievali di Asti furono aggetto di alcuni lavori per l’adeguamento “alla moderna” della sua struttura difensiva. Tuttavia la sua struttura rimase sostanzialmente quella dell’epoca medievale dal momento che, come mostra un disegno del 1547 dell’ing. G.M. Olgiati che rappresenta in pianta la cinta muraria astigiana, i lavori in quel frangente storico si limitarono alla realizzazione di tre bastioni di rinforzo, addossati alla cinta urbana.

Frutto di quell’ammodernamento è il superstite Bastione della Maddalena, che prendeva il nome dal vicino convento duecentesco dei Domenicani, – anch’esso caduto vittima degli spregiudicati abbattimenti ottocenteschi – e di cui ancora restano, seppur malconci, apprezzabili resti in via Testa. Malgrado la scomparsa dei parapetti e di gran parte del rivestimento, il bastione della Maddalena rappresenta comunque una rara testimonianza cinquecentesca della fase fortificatoria “alla moderna” in Piemonte e, ricordiamo, che tra le varie destinazioni d’uso della sua piattaforma, prima di essere adattata a Circolo del Tennis dagli anni ’50, in epoca napoleonica l’ampia terrazza del nostro baluardo fu anche adibita a Cimitero Urbano, dal 1805 al 1835.

Giunta pressoché indenne fino al XIX secolo, verso la metà dell’Ottocento per esigenze urbanistiche iniziò l’opera di smantellamento della cerchia muraria condotto senza la benché minima sensibilità verso il patrimonio storico-architettonico cittadino. In seguito alle barbare demolizioni ottocentesche, in epoca fascista si decise di valorizzare quanto rimaneva delle mura e fu creata la cosiddetta “passeggiata archeologica” tra via Antiche Mura ed il “Bosco del Littorio” e, a tal fine, fu altresì previsto l’acquisto di terreni posti lungo il tratto che corre parallelo all’odierno viale dei Partigiani per creare tra le mura ed il viale una sorta di “fascia di tutela”, in teoria, inedificabile.

Con delibera podestarile firmata verso la fine del 1932 da Vincenzo Buronzo, il podestà astigiano approvava l’acquisto da parte del comune della fascia di terreno antistante le mura, dall’attuale piazza Lugano sino al cinquecentesco bastione della Maddalena, con questa precisa motivazione: “L’acquisto del terreno è motivato dalla presenza delle mura, le quali restano così conservate alla amministrazione dei posteri e contribuiscono a dare pittoresco aspetto ad una zona dove la città si va ogni giorno abbellendo ed è meta preferita come pubblica passeggiata”.

Evidentemente però, come scrisse negli anni ’80 Giovanni Butrico: “ai posteri non interessò ammirare né la conservazione delle mura né il pittoresco aspetto che esse davano alla zona; anzi essi preferirono “abbellire” l’area con una serie di avvilenti costruzioni che resero la “passeggiata” alle mura una delle più sgradevoli mete possibili. L’intento era sì quello di valorizzare le mura, ma il risultato finale è oggettivamente sotto gli occhi di tutti!

Nonostante gli abbattimenti e lo sbancamento pressoché totale del terrapieno avvenuti ad inizio ’900, le mura astesi superstiti (1,5 km circa) rendono bene l’idea della maestosità del complesso, in particolare nel tratto conservato da piazza Lugano a piazza Santa Caterina.

Nel 2001 fu avviato dal Comune di Asti un cantiere di restauro delle antiche mura, ed in tale circostanza furono anche condotti sondaggi archeologici da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte. In particolare, nel corso dell’indagine, in un tratto ubicato tra il Bastione della Maddalena e piazza Lugano gli scavi archeologici condotti tra 2006 e 2007 hanno rivelato i resti di una struttura muraria difensiva di origine altomedievale, pertanto più antica del circuito medievale duecentesco tutt’oggi visibile.

Apparentemente insignificante, questo manufatto – ormai da oltre un decennio alle intemperie – ai più dice sicuramente poco o nulla. Ma la scoperta per la storia della città è assolutamente rilevante poiché, sebbene citato dalle fonti (e pertanto da sempre se ne sospettasse la presenza) tracce concrete che suffragassero l’ipotesi dell’esistenza di una fortificazione muraria della città, o di parte di essa, precedente a quella duecentesca, sinora non erano archeologicamente mai emerse. Ora, in attesa del completamento dei sondaggi archeologici e dei conseguenti studi, stabilire il quadro completo dei rinvenimenti è azzardato per chiunque. Tuttavia, alla luce di quanto esposto, è verosimile che in epoca altomedievale la città di Asti fosse quantomeno parzialmente fortificata, sicuramente nell’antica zona di comando, ovvero nell’area della residenza vescovile di Castelvecchio.

Sull’odierna situazione è impossibile tacere. Se un tempo più di qualsiasi altra struttura pubblica la cinta fortificata era un simbolo, motivo grande prestigio per il Comune, una vetrina ad esaltazione dell’indipendenza e della superbia della Città; beh, per essere delicati diciamo che oggi l’immagine che trasmettono è decisamente più “triste”, dal momento che tutta l’area interessata dal tracciato delle antiche mura è oggettivamente vittima da anni di un forte degrado. L’auspicio è pertanto che in un prossimo futuro si possa degnamente concludere il progetto di riqualificazione e valorizzazione delle mura medievali, rendendo finalmente l’area di via Antiche Mura e del Bosco dei Partigiani una reale “passeggiata archeologica” restituendo così alla comunità e ai turisti uno dei luoghi storici più suggestivi e belli di Asti.

Luca Campini, ricercatore di storia e sigillografia medievale

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