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Luca Mercalli: «A fine secolo rischiamo di avere il clima del Pakistan»

Scenari di cambiamento climatico del noto meteorologo e divulgatore ospite di Coldiretti insieme al professor Calabrese che si è scagliato contro l’idea della carne artificiale

Scenari catastrofici ma saldamente ancorati alla scienza quelli che il meteorologo Luca Mercalli ha prospettato per il clima piemontese da qui a fine secolo.
Lo ha fatto nella sede del Mercato Contadino Coperto di Coldiretti, nell’ambito del convegno per la festa del primo compleanno della struttura di corso Alessandria 271.
«Abbiamo ancora dieci anni per attenuare l’impatto del cambiamento climatico in atto. Significa contenere l’aumento della temperatura di 2 gradi e l’innalzamento dei mari a 40 cm invece che di 1 metro. Questo accadrà di sicuro, ma possiamo fare in modo di fermarci qui e non peggiorare le cose».
Ma come?
«Facendo scelte consapevoli ogni volta che andiamo a fare la spesa, ad esempio – ha detto Mercalli – comprando prodotti locali di stagione perchè un ortaggio coltivato vicino a noi non dovrà fare molta strada per arrivare sulla nostra tavola mentre provate a sommare tutte le emissioni in atmosfera dei mezzi di trasporto che consentano di portarne uno prodotto a 10 mila chilometri. Senza contare l’energia divorata dalla catena del freddo necessaria per spostare merci da un posto all’altro del mondo. Possiamo anche comprare prodotti sfusi, contribuendo alla diminuzione dei rifiuti da imballaggio».
Nel caso peggiore, l’Italia avrà il clima del Pakistan e dell’Africa perchè finirà sotto l’influenza dell’anticiclone africano permanente portando le temperature fino a 50° e una grande scarsità d’acqua per le coltivazioni e per la vita dell’uomo. Facendo un appello al mondo agricolo: «Si deve andare verso l’agro-ecologia, ovvero coltivazioni con uno scarso uso di grandi mezzi agricoli alimentati a combustibili fossili, meno chimica nel terreno, minore uso di acqua e meno imballaggi sui prodotti finali».
Fra gli “imputati” di immissioni di Co2 in atmosfera ci sono anche gli allevamenti intensivi che contribuirebbero per il 14% al surriscaldamento del pianeta. Bisogna fare passi in avanti anche su questo fronte «ma la soluzione non è certo la produzione di carne artificiale – ha detto il professor Giorgio Calabrese, altro autorevole relatore del convegno che si è letteralmente scagliato contro la sperimentazione sbandierata negli ultimi giorni – Sapete come si ottiene? Si prelevano cellule staminali da liquido del sacco placentare bovino, si “lavorano” e si inseriscono in un bioreattore in cui vengono addizionate di proteine e grassi animali, vitamine vegetali e acqua per ottenere la bistecca artificiale. E tutto questo procedimento implica una produzione di CO2 ben superiore a quella prodotta dagli allevamenti intensivi ritenuti inquinanti. Per ottenere, alla fine, un prodotto che io non mangerei mai, nè consiglierei come medico dietologo e nutrizionista».
Meglio mangiare meno carne rossa ma di qualità, come quella che arriva dagli allevamenti certificati.

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