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Talenti di casa

Matteo, l’ingegnere astigiano che sta progettando le serre per Marte

Ha appena 26 anni ed è stato assunto da Interstellar Lab per studiare moduli abitativi per Luna, Marte e per le zone più inospitali della Terra

A 26 anni sta compilando la domanda di ammissione alla ristretta cerchia di astronauti della Nasa e, nel frattempo, per vivere progetta moduli autosufficienti in grado di ospitare colonie umane sulla Luna o su Marte o anche semplicemente sulla Terra nelle sue regioni più inospitali dove mai prima d’ora l’uomo era riuscito a vivere.
Promette bene Matteo Devecchi, il neo-ingegnere aerospaziale astigiano che sta applicando nel lavoro esattamente quello che ha studiato al Politecnico di Torino e sul quale ha portato la tesi.

L’ingegner Matteo Devecchi

Tecnicamente si tratta di “progettazione di sistemi a supporto della vita degli astrononauti” e si traduce con la creazione di micro-habitat in grado di rendere autosufficienti gli uomini per lunghi periodi in qualunque condizione si vengano a trovare.
Dopo due stage da Alenia Space a Cannes e a Torino, l’ingegner Devecchi ha risposto ad un annuncio di Interstellar Lab, giovane start-up nata pochi anni fa a Los Angeles e con una sede anche a Parigi. Ed è stato assunto.
All’inizio il suo lavoro, insieme al resto del team, è stato prevalentemente di progettazione ma ora i giovani ingegneri sono passati alla realizzazione di prototipi, anche attraverso l’uso delle stampanti in 3D.
«I moduli cui stiamo lavorando hanno una duplice destinazione – spiega il giovane ingegnere astigiano – Possono essere utilizzati sia sulla Terra che su altri pianeti. Il concetto di fondo è realizzare habitat autonomi che non dipendano dalle condizioni esterne. Per questo abbiamo lavorato alla progettazione di un microclima in cui tutto è controllato dalla tecnologia».
Progetto ambizioso che si sviluppa in più step il primo dei quali è la realizzazione di “serre spaziali” in cui sia possibile coltivare frutta e ortaggi per consentire alle colonie di nutrirsi di cibi freschi e di qualità.
«Gli astronauti che lavorano sulla stazione spaziale che orbita intorno alla Terra – spiega Devecchi – hanno più volte lamentato la scarsa varietà del cibo a disposizione e la mancanza di prodotti freschi. Tanto che tutti finiscono per avere inappetenza e perdere peso. La possibilità di coltivare frutta e verdura anche su altri pianeti è un argomento molto caro alla Nasa per i suoi progetti più avveniristici».
Dalla sua l’ingegner Devecchi ha il DNA di famiglia: figlio di Marco, agronomo docente universitario e presidente di numerosi enti di tutela del paesaggio, ammette che la vicinanza con il papà e gli insegnamenti “dell’orto” gli stanno tornando utili, «anche se non lo avrei mai pensato quando mi sono iscritto ad ingegneria aerospaziale».
E’ stato progettato un software complesso il cui algoritmo è in grado di comandare ogni singola “variabile” utile alla crescita di diverse colture. Che andranno scelte soprattutto in base al fabbisogno di acqua che richiedono, visto che si tratta di un elemento preziosissimo nello spazio.
«Le serre che stiamo studiando avranno un involucro di nuova generazione che stiamo testando, sfrutteranno l’energia solare, ricicleranno il 100% dell’acqua e il concime sarà rappresentato dal recupero dei rifiuti organici della colonia».
La Nasa, che sta studiando il viaggio dell’uomo su Marte, prevede una missione di almeno 2 anni sul suolo del pianeta rosso e per un periodo così lungo serve fornire agli astronauti un habitat il più possibile simile a quello di casa.
Una coltura intensiva, viste le dimensioni ridotte dei moduli che potranno però essere usati anche sulla Terra.
«Sia in zone del mondo inesplorate a causa dell’impossibilità per l’uomo di viverci, sia in altre oggi inospitali che però, a causa dell’aumento della popolazione, della migrazione continua e dei cambiamenti climatici saranno forzatamente colonizzate».
Dalla matematica al cibo, il passo è breve per Interstellar Lab.

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