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Miravalle: «Essere la periferia di grandi città deve giocare a nostro vantaggio»
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Miravalle: «Essere la periferia di grandi città deve giocare a nostro vantaggio»

Michele Miravalle, 27 anni, è il più giovane candidato del PD al Consiglio regionale. Laureato in Giurisprudenza all'Università di Torino (dove svolge un dottorato di ricerca in diritto

Michele Miravalle, 27 anni, è il più giovane candidato del PD al Consiglio regionale. Laureato in Giurisprudenza all'Università di Torino (dove svolge un dottorato di ricerca in diritto pubblico) corre alle elezioni del 25 maggio sostenendo Sergio Chiamparino.

Come si è arrivati alla sua candidatura?
Le valutazioni fatte sono state diverse da quelle del Congresso. Non possiamo predicare il rinnovamento e su Asti seguire vecchie logiche, quindi siamo passati dalla predica alla pratica. Arrivo alla candidatura da "civatiano" convinto che al Congresso astigiano sia stata persa una grande occasione, purtroppo complici delle regole scellerate che hanno permesso a chiunque di votare, anche se iscritti all'ultimo momento. Ora i numeri parlano chiaro: Renzi è il mio segretario e quello del mio partito ma, per vincere le elezioni, dobbiamo andare a prendere i voti fuori dal PD.

Si sente di rappresentare quel ricambio anagrafico di cui Renzi si è fatto portavoce?
La squadra che ho creato è giovane ma non penso solo in termini di ricambio generazionale. Certo, c'è il dovere della generazione nata tra la fine degli anni ?80 e i primi anni ?90 di doversi occupare dei problemi di coloro che ci stanno vicino ma il mio appello è stato condiviso da 101 nomi, suddivisi in generazioni di nonni, genitori e figli.

Il Consiglio regionale è andato a casa con un anno di anticipo anche travolto dallo scandalo dei rimborsi. Non teme, se fosse eletto, di finire in un meccanismo molto difficile da cambiare?
Il nostro è un cambiamento con la "c" maiuscola che deve procedere distruggendo quella meccanica degli scandali la quale, per fortuna, è ormai in riserva. Il problema è un altro: o decidiamo di rimanere complici di quel sistema o lasciamo che quel motore prima o poi si fermi. La questione morale è invece nata prima di Tangentopoli e non a caso di etica nella politica ne parlava già Berlinguer.

Se fosse eletto di cosa vorrebbe occuparsi?
Non sono un tuttologo e nessuno qui ha la bacchetta magica ma bisogna iniziare a parlare di cittadinanza e istruzione legate tra loro a doppia mandata. In Piemonte dobbiamo fare una seria politica di tagli proprio ai costi della politica e procedere con un rinnovamento etico del Consiglio regionale. Questa roba dei rimborsi non deve più esistere. Dal punto di vista formale noi, come PD, non abbiamo dei rimproveri da farci ma esiste un lato sostanziale su cui anche il nostro partito ha esagerato, in cui si è pensato di fare così perché così andava la barca. C'è anche un tema generale che vorrei portare avanti, il diritto allo studio e l'ingresso nel mondo del lavoro. Ridiscutiamo la meritocrazia delle borse di studio e puntiamo al sistema universitario del Piemonte. Infine c'è il tema dei trasporti perché non ha senso che qualcuno si alzi alle 5 del mattino per essere alle 8 a scuola; francamente la trovo una cosa perversa.

Sull'Astigiano ha qualche progetto che vorrebbe sviluppare?
Puntando alla valorizzazione del territorio e dell'ambiente c'è una domanda alla quale dobbiamo rispondere: cosa vuole fare l'Astigiano da grande? Non abbiamo più un futuro industriale o manifatturiero e allora su cosa dobbiamo puntare? Fino ad oggi c'è stata una navigazione a vista e si è usciti dal porto senza conoscere la rotta. Parliamo tanto di turismo e si fanno un sacco di tavole rotonde ma non possiamo lasciare questa risorsa a mero esercizio di retorica.

Qualche esempio concreto?
Ecco, pensando a Chiamparino e a come ha reinventato Torino, credo che sia necessario trovare nuove strade e nuove idee sulle quali investire.
Reinventarsi può essere indispensabile per rilanciare il territorio ma c'è chi ha più volte attaccato Chiamparino per i debiti lasciati in eredità al suo successore. Fino a quando i debiti vengono fatti per investimenti di grande prospettiva allora, secondo me, va anche bene che si facciano. L'importante è non fare dei debiti per coprire altri debiti.

Tornando all'Astigiano quali sono le criticità che potrebbero mettere a rischio le prospettive per un rilancio nel medio termine?
Intanto mancano le idee. Anche l'amministrazione comunale, che reputo essere una buona amministrazione, ha bisogno di una messa a punto ma è solo uno degli attori che deve mettersi in gioco. Ce ne sono altri che hanno dei doveri verso questo territorio e che dovrebbero fare. Prendiamo la Cassa di Risparmio: qual è il ruolo che un'azienda bancaria può avere dal punto di vista sociale? La banca può chiaramente fare qualcosa ma oggi manca chi dica a questi attori quali siano i progetti per il territorio.

Un sindaco nel CdA della banca potrebbe essere un vantaggio per i progetti di cui parla?
Il ruolo del sindaco in un CdA di banca ha senso se ci entra come portatore di idee e se pretende che si vada in questa direzione.

Asti è al centro del triangolo industriale Torino, Genova, Milano ma sembra che questo non sia visto come una risorsa. Perché?
Infatti è vero. E' lesa maestà dire che Asti è la periferia di grandi città metropolitane? Secondo me è un vantaggio che dobbiamo sfruttare ma è necessario costruire questa opportunità. Bisogna iniziare a dire ai milanesi o ai torinesi di venire a vivere ad Asti perché possiamo offrire loro tutta una serie di servizi inseriti nel nostro territorio. Se guardo alla Liguria vedo i porti di Genova, Savona e penso al maxi porto di Vado, uno dei più grandi del sud Europa. Asti è la piattaforma logistica ideale di quell'infrastruttura lì; ma ci stiamo lavorando? Insomma, non è tabù puntare in alto soprattutto se pensiamo a Vercelli che è riuscita a fare un accordo con il Museo Guggenheim.

Prima ha ricordato l'importanza di investire nell'università. Su quella di Asti si continua a discutere ma c'è chi non la considera una risorsa quanto un costo. Lei che ne pensa?
Cominciamo a dire che non possiamo immaginare di avere un polo universitario con migliaia di studenti ma, anziché puntare sul numero, dobbiamo sviluppare qualcosa di indubbiamente legato al territorio. Possiamo anche realizzare un quartiere universitario con 400 studenti ma se questi vengono da mezza Europa lo ritengo un grande successo.

Riccardo Santagati

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