Il coordinamento Asti Est, associazione di volontariato per il diritto alla casa, scende in campo in merito all’occupazione abusiva del condominio di corso Casale ai numeri civici 126 e 132.
I fatti
Nei giorni scorsi, infatti, si è svolta l’operazione di identificazione degli occupanti abusivi – primo passo verso lo sgombero – della palazzina, che è di proprietà di una società immobiliare.
La società aveva acquistato l’immobile una decina di anni fa. Composto da due ingressi con dieci appartamenti per scala, un ampio garage sotterraneo e i negozi nel retro, negli anni è andato incontro al degrado ed è stato occupato abusivamente.
Nell’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica – che ha visto impegnati Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco e Polizia municipale, alla presenza di mediatori culturali e Servizi sociali – sono state identificate 25 persone, sei delle quali considerate in condizioni di “fragilità” e dunque prese in carico dagli assistenti sociali. Alcuni non avevamo mai sottoscritto un contratto di affitto, altri avevano smesso di corrispondere le mensilità. Due stranieri erano privi di documenti, mentre altri dieci erano irregolari.
L’intervento
In questa situazione il Coordinamento Asti Est accende i riflettori sulle condizioni degli occupanti. «Non vogliamo intervenire a difesa dell’occupazione – ha subito precisato Samuele Gullino – ma aggiungere a quanto successo un tassello: le condizioni di vita di chi viveva in quello stabile».
Così, dopo aver incontrato gli occupanti nei giorni scorsi, li hanno invitati ieri (venerdì) nella sede del Coordinamento a raccontare le loro storie. «Molti di loro – ha continuato Gullino – lavorano in campagna, come stagionali, supportando una filiera importante per il nostro territorio. Alcuni sono anche senza documenti, ma lavorano lo stesso, in nero».
«Si sentono figli di Asti ma non sono ricambiati», ha aggiunto Luisa Rasero. «Le condizioni igienico-sanitarie dell’immobile erano precarie. Ora ci sarà lo sgombero, per cui bisogna domandarsi dove andranno a vivere queste persone. Non è assolutamente facile, per loro, trovare una casa in affitto, anche quando hanno disponibilità a pagare».
«Insomma, notiamo un problema nell’affrontare l’emergenza abitativa in questa città», ha continuato. «La sola risposta che riceviamo a questioni come quella di corso Casale, o ad altre simili come quella di via Gancia, è la parola sgombero. Come se, in questo modo, si risolvessero tutti i problemi e si riuscisse a tenere nel silenzio i drammi di un “sottobosco” che si vuole mantenere sotto traccia, in modo che non entri nel dibattito pubblico. Peccato che siano coinvolte persone e famiglie».
Le storie
Sono così intervenuti alcuni degli occupanti, in maggioranza marocchini, nigeriani e albanesi. «Sono ad Asti da trent’anni – ha raccontato uno di loro – e sono separato da mia moglie. Ora non so dove andare».
«Lavoro in campagna con un contratto che, alla scadenza, non è stato rinnovato», ha aggiunto un Nigeriano. «Allora, siccome un mio compaesano abita in quegli alloggi, gli ho pagato 400 euro per poter stare due mesi».
E ancora, un giovane nigeriano che vive nell’Astigiano dal 2016. «Prima lavoravo a Nizza Monferrato – racconta – dove avevo trovato ospitalità presso alcuni connazionali, che pagavo regolarmente. Poi, avendo perso l’occupazione, è venuta meno anche l’ospitalità».