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Il caso

Nuovo magazzino Amazon ad Asti? «Consumo di suolo da evitare»

I circoli di Legambiente di Asti e della Valtriversa sollevano dubbi sul progetto del nuovo magazzino a Quarto

Un nuovo capannone Amazon nella zona industriale di Quarto? No, grazie. A sollevare perplessità sull’annunciato nuovo insediamento logistico nella zona di Quarto sono i rappresentanti dei circoli Legambiente di Asti e della Valtriversa, Giancarlo Dapavo e Angelo Porta. In una lunga lettera ai media, Legambiente entra nel merito del progetto che ha avuto il via libera del Consiglio comunale con la deroga a costruire superando gli attuali limiti di altezza per i capannoni, quindi fino a 20 metri. Deroga che presto avranno tutti coloro che andranno a costruire nella zona industriale dove l’amministrazione Rasero spera di attirare nuovi investitori legati al comparto della logistica, magari spinti anche dalla presenza di Amazon.

«Non abbiamo particolari contrarietà verso i centri logistici, anche se spesso, a fronte di un interessante numero di nuovi posti di lavoro, provocano la chiusura di piccole attività commerciali in proporzione molto maggiore – commentano Porta e Dapavo – Da decenni assistiamo al continuo proliferare di nuovi insediamenti produttivi e commerciali nell’area astigiana e il conseguente consumo di suolo agricolo in città e paesi. Non ci colpisce come i proponenti spesso non abbiano una sensibilità ambientale, cercando solo di massimizzare il profitto limitando i costi; ci stupiamo, invece, quando il proponente è in prima linea nel contrasto all’emergenza climatica, magari investendo ingenti capitali per pubblicizzare il marchio e le attività connesse. Parliamo di Amazon, socio fondatore di “The Climate Pledge” – “Impegno per il clima”, iniziativa cui aderiscono più di 100 importanti aziende mondiali, in totale più di 5 milioni di dipendenti e più di 1500 miliardi di dollari di fatturato annuo». Legambiente solleva varie criticità e si domanda se non si potesse agire diversamente.

«Considerati i molti capannoni vuoti, sia in zona sia in altre aree vicine, crediamo sarebbe stato opportuno lavorare per il riuso, con le opportune ristrutturazioni, modifiche, ampliamenti, dell’esistente sempre a favore del minor impatto ambientale possibile – continuano Porta e Dapavo – L’amministrazione comunale dovrebbe fungere da mediatore e catalizzatore tra le varie proprietà private privilegiando quelle nei pressi degli svincoli autostradali più facilmente accessibili, potrebbe quindi dimostrarsi, se non lungimirante, almeno attuale guardando oltre la vecchia economia e fare passi verso quella più moderna e ad oggi più pagante non soltanto in termini di tutela dell’ambiente».

Porta e Dapavo analizzano anche la bozza di convenzione per il progetto: «Nulla si legge circa opere di compensazione, obblighi a messe a dimora di alberi o comunque mitigazioni vegetali, nulla su soluzioni edili “naturali”, bioedilizia, edifici passivi, costruzioni che privilegino l’uso di materiali naturali e rinnovabili, tetti verdi, pavimentazioni drenanti o permeabili, approvvigionamento dei materiali da fonti locali, applicazione di tecnologie che utilizzano fonti energetiche rinnovabili». Sul raddoppio dell’altezza a costruire, Legambiente aggiunge che il magazzino «sarà alto come un palazzo di 7 piani, e i capannoni saranno quindi visibili da chilometri di distanza, alterando definitivamente un paesaggio di pregio».

Ma alla critiche mosse replica il vicesindaco Coppo: «Stiamo ragionando su una zona industriale e di un progetto che darà posti di lavoro. Se si fanno magazzini di prossimità ci sarà meno CO2 perché arriveranno meno pacchi dalle altre province. L’alternativa era lasciare che lo facessero a 15 chilometri di distanza, magari perdendo anche dei posti di lavoro. Questo è un esempio di ideologia contro buonsenso, quest’ultimo vero tutore dell’ambiente».

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