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Attualità

Parla Abdelali: «Uniamoci tutti
per mettere fine a questo Califfato»

«Un piano di intervento delle maggiori potenze mondiali unite al mondo arabo può e deve fermare il terrorismo». Così Abdelali, responsabile del centro culturale islamico di via Balbo ad Asti,

«Un piano di intervento delle maggiori potenze mondiali unite al mondo arabo può e deve fermare il terrorismo». Così Abdelali, responsabile del centro culturale islamico di via Balbo ad Asti, risponde alla notizia dell'attacco terroristico che lo scorso 13 novembre ha scosso Parigi e il mondo intero. Un'azione sistematica che ha visto gli uomini dell'Isis aprire il fuoco in sette diverse zone della città e fare ancora una volta strage di innocenti nel nome di Allah. «I terroristi non sono musulmani, non appartengono a nessuna religione, vivono al di fuori della società, non hanno un luogo che li accoglie, non hanno una casa, una famiglia che abbia badato alla loro educazione, sono vittime e carnefici allo stesso tempo. Sono un virus. E un virus non si può estirpare con le armi, va analizzato, capito a fondo e sconfitto».

La voce calma di Abdelali rivela lo sconcerto per quanto accaduto, mescolato alla ferma consapevolezza che non ha nulla a che fare con quello in cui crede. «Le potenze di Europa, Stati Uniti, Russia e del mondo arabo devono riunirsi introno a un tavolo per trovare una soluzione e mettere fine al califfato del terrore, che non può e non deve esistere. Chi compie questi atti infanga il nome dell'Islam. Non sono un abito, una barba lunga e un Corano in mano a fare un musulmano. Sono simboli che i terroristi sfruttano a danno di una religione di pace».
Appena dieci mesi fa lo stesso Abdelali, al quale avevamo chiesto un commento a seguito dell'attentato alla redazione del giornale satirico parigino Charlie Hebdo, aveva espresso la volontà di apertura al dialogo e alla convivenza tra la sua cultura e quella del Paese in cui vive da oltre vent'anni, e in cui sono nati tutti e quattro i suoi figli, con la decisione di tenere sempre aperte le porte del centro culturale di cui è responsabile e dove, ogni settimana, le preghiere e i riti del venerdì sono tradotti in italiano perché "l'Islam non ha nulla da nascondere".

«In questi giorni, durante i nostri incontri nel centro di preghiera abbiamo espresso il nostro cordoglio per le vittime e la nostra vicinanza alle famiglie e agli amici di coloro che hanno perso la vita a Parigi. Allo stesso tempo però -? sottolinea -? ritengo sia importante non smettere mai di approfondire lo studio e la conoscenza del culto islamico, per capirlo a fondo e impegnarci ogni giorno nel mettere in pratica i suoi insegnamenti di pace. Il nostro credo -? spiega – risponde a una serie di comandamenti che impongono il rispetto del prossimo e che sono sovrapponibili a quelli cristiani, come non uccidere, non rubare, non desiderare la donna d'altri. Il rispetto di questi precetti è l'unica via per la felicità, non lo sono invece il terrore, la guerra e le armi, ed è quello che ricordo sempre ai fedeli nel giorno di preghiera. Per questo faccio fatica a trovare grandi differenze tra la religione musulmana, cristiana ed ebraica».

Tornando invece ai fatti di Parigi, Abdelali aggiunge: «Posso dire di non essere mai entrato in contatto con delle "teste calde", né nel nostro centro né in quelli presenti in corso Casale e nella zona industriale della città, e che raccolgono circa 500 musulmani praticanti, ma, mi creda, se dovessi sentire l'"odore" di qualcuno intenzionato a fare del male al prossimo sarò il primo a denunciarlo. Stiamo costruendo il futuro dei nostri figli: non permetterò mai a qualcuno di fare del male a mio figlio, o al figlio del mio vicino o a chiunque altro».

Marzia Barosso

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