Lotta contro la precarietà e interventi concreti per una maggiore sicurezza sul lavoro. Sono stati questi i concetti chiave della Festa del lavoro, celebrata stamattina (giovedì) anche ad Asti.
Il tradizionale corteo – promosso da Cgil, Cisl e Uil e preceduto dalla banda cittadina G. Cotti, che ha proposto diversi brani, dall’Inno d’Italia a “Bella Ciao” – ha percorso alcune vie del centro per arrivare in piazza Statuto, dove sono saliti sul palco, tra gli altri, Stefano Calella, segretario generale aggiunto Cisl Asti-Cuneo, Luca Quagliotti, segretario generale provinciale Cgil, Pierluigi Guerrini, dirigente Uil, il sindaco e presidente della Provincia Maurizio Rasero, il vice sindaco Stefania Morra e l’assessore comunale Riccardo Origlia.
Le parole di Stefano Calella
“Nel 2024 – ha incalzato dal palco Stefano Calella – abbiamo avuto ancora tanti, troppi morti sul lavoro. Sono stati più di mille, cui si aggiungono 500mila infortuni denunciati e un numero non calcolabile di casi sommersi. Un triste primato italiano, una situazione indegna per un Paese civile e industrializzato”.
“Il problema – ha continuato – è che a 30 anni dalla legge 626 del 1994 e dopo il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro del 2008, poco è cambiato. Il numero degli ispettori è troppo basso e, malgrado le ultime assunzioni dei vari enti, siamo lontanissimi da una sufficienza operativa. Bisogna agire nella formazione, nell’informazione e, soprattutto, nella cultura della sicurezza. A questo proposito ricordo che la Prefettura di Asti ha costituito l’Osservatorio degli infortuni con gli organi ispettivi, le associazioni datoriali e Cgil, Cisl e Uil proprio per trovare soluzioni al problema. E in tale contesto abbiamo organizzato il cartellone di eventi “Asti Si’cura” per diffondere la cultura della sicurezza, coinvolgendo i giovani, che devono essere il nostro obiettivo”.
Dopodiché ha citato i nomi di alcuni morti sul lavoro, in rappresentanza di tutti coloro che hanno perso la vita mentre svolgevano il loro mestiere, cui è stato dedicato un minuto di silenzio.
L’intervento del sindaco Rasero
Ha quindi preso la parola Maurizio Rasero che, dopo aver ricordato le origini storiche della Festa dei lavoratori, ha invitato a contare sulle Istituzioni provinciale e comunale, che sono a disposizione dei lavoratori “per migliorare le loro condizioni e avanzare ulteriori rivendicazioni di diritti”.
La battaglia di Giorgio Rubolino
E proprio sulla conquista di un diritto importante ha incentrato il suo intervento Giorgio Rubolino (Uil Asti – Cuneo), italiano che ha vissuto tanti anni in Albania. Ha infatti ripercorso le tappe della battaglia mirata alla conquista dei diritti sociali e previdenziali che – prima con l’articolo 1, comma 1164 della legge 296 del 2006, e poi con la legge 29 dell’11 marzo 2025 – garantirà ai lavoratori albanesi, da anni residenti in Italia, di vedere cumulati gli anni di lavoro svolti nei due Paesi per accedere alla pensione.
“Un diritto negato per decenni – ha affermato – mentre ora, con orgoglio, possiamo annunciare che a giorni potrà essere presentata la prima domanda. E aggiungo che dovrebbe essere così anche per tutti gli altri Paesi”.
Rubolino ha sottolineato che questo diritto è stato ottenuto “grazie al lavoro svolto, con umiltà e determinazione, costituendo due associazioni, l’Ancifra e la Diaspora 91-19 Aniap, con il sostegno di tanti astigiani che hanno dato un contributo attivo al nostro percorso”.
In particolare ha ringraziato il sindaco Rasero e la Uil, ricordando nello specifico il sindacalista Silvano Uppo.
Le conclusioni di Giorgio Airaudo
A tracciare le conclusioni, a nome dei tre sindacati, è stato poi Giorgio Airaudo.
“Ringrazio il sindaco – ha affermato – per il suo intervento non convenzionale. Lo prendiamo in parola, perché il mondo del lavoro astigiano, piemontese e italiano ha bisogno di sostegno e cambiamento. E ha bisogno di farlo velocemente”.
“Nei primi quattro mesi di quest’anno, infatti – ha continuato – sono morti 136 lavoratori in Italia, in aumento rispetto al 2024. In Piemonte nei primi 4 mesi sono stati 20, ma ora, in verità, sono già a 21. Gli infortuni in Piemonte sono passati, nei primi 4 mesi, dai 42mila del 2024 ai 43mila del 2025. Si muore di lavoro e ci si ammala nel lavoro. E allora bisogna dire che cosa è questo lavoro. E’ un lavoro troppo precario: l’83% dei contratti in Piemonte è a tempo determinato o somministrato, per cui i lavoratori sono ricattabili. Non possono rifiutare di svolgere un incarico, anche se pericoloso, perché altrimenti perdono il posto. Se vogliamo combattere la strage sul lavoro, insieme al costo sociale, umano ed economico degli infortuni, abbiamo quindi bisogno di ridurre, meglio azzerare, la precarietà”.
Le soluzioni
Il sindacalista ha quindi indicato gli interventi necessari. “Il Piemonte – ha sottolineato – dovrebbe avere in pianta organica 222 tecnici per la sicurezza e la salute. In realtà sono meno di 14o. Chiediamo che quella pianta organica venga riempita tramite concorsi da parte delle Asl. Servono anche i medici del lavoro, sempre assunti dalle Asl, per consentire lo svolgimento delle visite di controllo nei luoghi di lavoro. Attualmente in Piemonte un’impresa riceve la visita di controllo una volta ogni vent’anni, e nonostante ciò, nell’80% dei casi, vengono riscontrate infrazioni e violazioni in tema di sicurezza. Abbiamo bisogno di più controlli: vanno bene l’indignazione, la prevenzione, i convegni. Ma abbiamo bisogno di fare scendere le morti sul lavoro, anzi di raggiungere quell’obiettivo, che condividiamo, di azzerarle”.
La precarietà
Airaudo ha quindi sottolineato la necessità di contrastare la precarietà e, anche, logica dei subappalti. Per poi citare le parole del procuratore Raffaele Guariniello, ora in pensione. “Questa regione – ha concluso – ha avuto l’onore di poter contare sul magistrato Raffaele Guariniello, specializzato nell’ambito della sicurezza sul lavoro, secondo cui serve una Procura nazionale nel settore, come l’Antimafia. Ha ragione. Così si garantiscono competenze e strumenti alle Procure”.
Al termine, il sindacalista ha ricordato che “non è il tempo della commemorazione, ma dell’azione”, invitando ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione e a partecipare al referendum dell’8 e 9 giugno, che vede in campo la Cgil con varie associazioni e partiti.