Si è trasformata in una questione non solo culturale, ma anche di principio, la vicenda del ritrovamento di alcuni resti archeologici, rinvenuti sotto Palazzo del Collegio, oggi sede della biblioteca
Si è trasformata in una questione non solo culturale, ma anche di principio, la vicenda del ritrovamento di alcuni resti archeologici, rinvenuti sotto Palazzo del Collegio, oggi sede della biblioteca Giorgio Faletti. I resti sono emersi durante i lavori di consolidamento dei locali interrati: tracce di un sito termale romano e, poco vicino, di una vasca nella quale si sarebbe preparata la calce durante la costruzione degli edifici. Abbastanza, secondo i consiglieri comunali di minoranza, Massimo Scognamiglio (Federazione della Sinistra) e Davide Giargia (Movimento 5 Stelle) per chiedere che il sito venga, non solo preservato, ma anche valorizzato permettendo a chiunque di poter vedere quanto emerso.
Scognamiglio e Giargia avevano presentato un'interpellanza a riguardo, chiedendo all'amministrazione di predisporre la fruibilità del sito archeologico anziché chiuderlo per sempre o, peggio, catalogare i reperti per poi ricoprirli. La risposta all'interpellanza non è però piaciuta ai due consiglieri che commentano: «L'amministrazione afferma, in sostanza, di attenersi a quanto stabilito dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte, ovvero che tali ritrovamenti costituiscono "interesse topografico e culturale" non tale però da poter far sorgere un sito museale. L'amministrazione, attenendosi alle indicazioni della Soprintendenza, pur attivando un provvedimento di vincolo per la tutela di questi beni, non chiarisce se e quali parti del ritrovamento potranno avere un'esposizione al pubblico e se l'eventuale offerta potrà avere una minima fruizione organizzata, sempre per il pubblico».
Per questi motivi Scognamiglio e Giargia tornano a chiedere che il sindaco Brignolo e l'assessore ai lavori pubblici Ghigo organizzino un sopralluogo sul sito, aperto a tutti i consiglieri comunali, ma anche ai cittadini interessati a verificare di persona l'entità dei ritrovamenti. «La scoperta di una "fossa da calce" riveste per tutto il nord Italia un interesse rilevante in quanto l'unico altro ritrovamento di reperti analoghi a Chieri non è fruibile per il pubblico – precisa Scognamiglio – Inoltre, anche i reperti archeologici vogliono la "par condicio": ad Asti, in passato, soprattutto ai privati, sono stati posti vincoli e obblighi sui ritrovamenti che hanno comportato costi e tempi di interruzione dei lavori notevoli. L'amministrazione comunale sia coerente, i beni architettonici non possono essere valutati, per la loro esposizione, a seconda del momento economico nel quale vengono ritrovati oppure a seconda della loro proprietà, pubblica o privata».
r.s.