Fra le autorità presenti il presidente della Provincia Paolo Lanfranco, il sindaco di Asti Maurizio Rasero, l’assessore al turismo di Asti Loretta Bologna ed il presidente della Fondazione CRAT Mario Sacco. Il presidente dell’associazione per il “Centro nazionale studi sul tartufo”, Antonio Degiaconi, ha rimarcato che «esiste un’enorme sproporzione fra la promozione del territorio e l’impegno a non far calare la produzione di tartufo. La gestione degli ambienti naturali è stata avviata in ritardo e sono stati fatti alcuni ripristini di tartufaia e poco più. Bisogna invertire una tendenza piantando e gestendo con attenzione le aree scelte.»
Mario Botto, presidente dell’A.T.A.M. ha polemizzato con la decisione della Regione Piemonte di richiedere richieste on line per i contributi assegnati alle piante tartufigene: «Spesso i proprietari delle piante sono anziani – ha detto – e non bisogna scoraggiarli nelle loro richieste di indennizzi che si aggirano sui 100 – 150 euro; in caso contrario si perderà il 30-40% del patrimonio arboreo.»
Per il presidente dell’Associazione Tartufai Sandamianesi, Andrea Bossotto, «non si può più andare a tartufi tre mesi: si deve lavorare tutto l’anno rientrando nel bosco per ripulire i danni fatti e per cercare di creare un equilibrio. Bisogna salvaguardare le piante e semplificare la comunicazione, ripulendo i boschi e riportandoli in produzione: i tartufi possono tornare anche nei terreni da tempo improduttivi. Dobbiamo informare i proprietari delle piante affinchè non le abbattano.» Il prof. Marco De Vecchi (Università di Torino) ha ribadito che la tutela degli alberi deve essere di tutti, dei cittadini, delle associazioni e delle amministrazioni. Infine, il dottor Igor Boni, tecnico IPLA, ha affrontato gli aspetti più tecnici della creazione di una tartufaia, illustrando le esperienze sinora fatte in Piemonte.
Nelle foto: il bosco in Piazza Libertà e un momento del convegno in Sala Consiliare.