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Vino “de-alcolato”? No! Il vino è vivo e venga definito bevanda d’uva

Il punto del produttore Gianfranco Torelli, reduce dalla fiera Millésime Bio di Montpellier  

In questi giorni, in cui la città Sabauda è reduce dalla celebrazione della cultura delle eccellenze enoiche regionali, con la IX Edizione di Grandi Langhe e il Piemonte del vino, durante la quale sono stati accesi i riflettori sulle Doc e sulle Docg di Lange, Roero e del Piemonte, la Coldiretti provinciale riflette sui cosiddetti “vini de-alcolati”, più precisamente, sulle: bevande d’uva.

Un tema scottante rispetto al quale la stessa Coldiretti non è contraria tout court, ma ritiene fondamentale e doveroso far chiarezza in termini di identità e di differenze, già a partire dalla definizione.

“Nei millenni il vino si è evoluto e perfezionato grazie a vignaioli ed enologi illuminati, ma pur sempre nel rispetto della struttura sua propria” precisa la Presidente di Coldiretti Asti nonché viticoltrice e delegata alla viticoltura in seno al direttivo della Coldiretti regionale Monica Monticone. “Se oggi, per ragioni diverse, una piccola fascia di mercato chiede un vino privo di alcol, ebbene, non siamo contrari, purché, non si crei confusione: il vino è alcolico per naturale effetto della fermentazione; il resto, è un’altra cosa”.

A spiegare come avviene il processo di de-alcolazione è il vigneron e vice presidente Coldiretti Asti Gianfranco Torelli (foto), a sua volta, reduce dal Salone Millésime Bio di Montpellier, in Francia.

“Completato il naturale processo di fermentazione, il vino viene privato di alcol attraverso tecniche di evaporazione sottovuoto, oppure, per osmosi inversa e filtrazione” precisa Torelli. “Si ottiene così una bevanda secca, inevitabilmente squilibrata al gusto e all’olfatto. Una bevanda d’uva che non ha le caratteristiche del vino e che, senza conservanti e proprio in quanto priva di alcol, ha brevissima durata”.

Ma il mercato cosa chiede? “Seppur assai contenuta, c’è una domanda crescente per quello che viene erroneamente chiamato – vino de-alcolato” conclude Torelli. “Anche al Salone in Francia ce lo hanno chiesto, ma l’interesse concreto resta sulle grandi doc e docg italiane, tra le quali spiccano quelle astigiane. Non dimentichiamo, inoltre, che la de-alcolazione è un processo industriale molto costoso ed energivoro, in contrasto con la sostenibilità ambientale, economica e sociale che, invece, sta tanto a cuore alla Coldiretti”.

“Comprendiamo la necessità di contemplare scenari nuovi rispetto al prodotto dell’uva, soddisfacendo culture, religioni e opinioni diverse” conclude il Direttore Giovanni Rosso; “ma non chiamiamoli vino e, soprattutto, che non rientrino nel prezioso patrimonio delle denominazioni d’origine italiane. Occorre tutelare produttori, produzioni e consumatori, evitando che si faccia confusione e/o si crei qualcosa di distorto nell’immaginario comune. Garantiamo la natura, l’identità, le caratteristiche e la dignità al vino, fiduciosi del fatto che i veri intenditori amino gli originali”.

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