Caso Cavallo, lex sindacalista vince il ricorso per lingiusta detenzione. E la prima volta che un giudice ammette la sottrazione di atti a favore dellimputato. La difesa sta valutando se chiedere conto del loro operato ai due pm titolari
Sarà anche per i 15 mila euro liquidati per lingiusta detenzione, ma è un passaggio preciso della sentenza della Corte dAppello di Torino a rappresentare un riconoscimento ampio e atteso della difesa di Fausto Cavallo, lex sindacalista della Cgil di Asti coinvolto in tre inchieste in cui era accusato di aver accettato denaro per condizionare trattative sindacali con le parti datoriali. Tre inchieste (riferite ai suoi ruoli nelle vertenze Fme, Trust e New Compel) che sono scaturite in altrettanti processi finiti, con sentenza in giudicato, in assoluzioni per lex sindacalista.
Ma le assoluzioni non bastavano a Cavallo che, assistito dal suo avvocato Pierpaolo Berardi, ha intentato il cosiddetto procedimento di riparazione per ingiusta detenzione discusso alla fine di marzo alla Corte dAppello di Torino, quarta sezione penale presieduta da Brunella Rosso con Isabella Diani e Alessandro Prunas Tola consiglieri. Cavallo e il suo difensore hanno fortemente inseguito una sentenza in cui emergesse, al di là del valore pecuniario dellindennizzo, che la carcerazione disposta dallallora gip Manotti venne decisa non sulla base di tutti gli atti raccolti durante lindagine a carico dellex sindacalista, ma solo di una parte, quella a lui più sfavorevole.
Un ricorso che affonda direttamente nella scoperta dei mod. 45 fatta grazie alle indagini difensive dellavvocato Berardi due anni dopo lordinanza di custodia cautelare nei quali emergeva che alcune persone di riferimento dellaccusa sostenevano di non aver mai fatto dichiarazioni accusatorie ai testi dei pm Sorbello e Casucci, titolari dellinchiesta. Altre (sulle quali era stata costruita una parte della tesi accusatoria) hanno addirittura affermato di non aver mai conosciuto Cavallo in vita loro. Insomma, le dichiarazioni di persone che smentivano quelle di testimoni che accusavano Cavallo, non sono mai state presentate al cospetto del gip il quale ha preso la sua decisione senza aver potuto valutare anche le dichiarazioni a favore dellindagato.
E nella sentenza che accoglie la richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione, i giudici torinesi fanno specifico riferimento a questa circostanza laddove scrivono che ladozione della misura cautelare e la prospettazione «risultata poi errata, della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti, è derivata da una incompleta valutazione degli elementi in atto con conseguente mancata considerazione di prove favorevoli al ricorrente». Se quelle dichiarazioni a favore di Cavallo fossero state presente al gip, questultimo avrebbe tenuto fuori dal carcere lex sindacalista invece di firmare la misura cautelare? «Se togliete un non allinizio di una frase cambia senso. Se poi i non che togliete sono tanti, allora si stravolge tutto. La stessa cosa è successa negli atti sottoposti al gip Manotti» è la risposta dellavvocato Berardi.
Nel ricorso per ingiusta detenzione, la difesa, riferendosi alla detenzione, afferma che da essa sono derivate diverse e gravi conseguenze sia sulla salute psico-fisica che sulle relazioni sociali di Cavallo, sottoposto ad una campagna di stampa che aveva pregiudicato la sua autorevolezza e affidabilità oltre ad averlo costretto ad una brusca interruzione della sua attività di consulente esterno della Cgil astigiana. Che annuncia anche come, con questultimo processo, sia definitivamente chiusa la vicenda processuale a carico di Cavallo.
Daniela Peira