Il “film” della tragica rapina
Piero Beggi, conosciuto da tutti come “Piero del Ciabot” era originario di San Polo d’Enza (dove si tennero i funerali con una speciale guardia d’onore formata dai ragazzi della sua brigata vestiti con le giacche da chef). Carabinieri e polizia avevano ricostruito quanto avvenuto: l’uomo, che viveva in un alloggio sopra il ristorante, era stato colto nella notte dai rapinatori che lo avevano già violentemente malmenato nella sua camera da letto per costringerlo a rivelare dove tenesse nascosti i soldi degli incassi di Capodanno e della domenica. Fin da subito si pensò a qualcuno che conosceva l’abitudine dello chef di nascondere i contanti in cantina, perché al suo silenzio i banditi risposero trascinandolo nel locale sotto il ristorante e lì continuarono a picchiarlo selvaggiamente fino a lasciarlo agonizzante a terra. L’autopsia avrebbe poi accertato che ad ucciderlo fu un violento trauma cranico. Una violenza inutile, visto che i banditi se ne sono andati a bocca asciutta: vennero infatti ritrovate le mazzette di denaro nascoste in più punti oltre al milione di lire presente nel portafoglio e in tutti questi anni è sempre aleggiata una domanda: «Perché lo chef si è fatto massacrare a morte pur di non rivelare dove si trovasse il denaro?». Considerato che il locale era assicurato anche contro i furti e le rapine.