La sentenza è arrivata poco fa: Gilmond “Mondi” Metaliu, 42 anni, è stato condannato dal gip Morando a 22 anni per l’omicidio di Adriatik “Tiko” Xhafa, avvenuto nell’ottobre dello scorso anno in corso Matteotti. All’accusa di omicidio la Procura ha aggiunto anche quella di spaccio di stupefacenti che, probabilmente, è il mondo in cui è maturato il forte dissidio fra vittima e sparatore.
La pm Laura Deodato, che aveva coordinato le indagini dei carabinieri intervenuti subito dopo la sparatoria, aveva chiesto una condanna a 24 anni.
Nella sua requisitoria, ha rappresentato la complessità del lavoro fatto per giungere all’identificazione di Metaliu. E gli investigatori ci sono arrivati attraverso un vero e proprio “inseguimento digitale” in differita rispetto al momento dello sparo.
Hanno acquisito tutti i filmati delle telecamere di sorveglianza della città per seguire, nelle immagini, la BMW X6 sulla quale, con certezza, viaggiava l’uomo che aveva sparato a Xhafa. Ore di analisi dei fotogrammi fino alla ricostruzione del percorso da corso Matteotti ad Isola d’Asti dove è stata riposta in un garage. Non solo. Intercettata l’auto, gli inquirenti l’hanno “inseguita” sempre con le telecamere a posteriori, sia il giorno seguente l’omicidio, sia nelle ore immediatamente precedenti il grave fatto di sangue.
Arrivando a ricostruire il prima e il dopo di quell’unico sparo che ha colpito all’addome la vittima procurandole la morte il giorno seguente, in ospedale.
Con un dato particolarmente significativo: l’omicidio è durato meno di 40 secondi. Proprio dall’analisi dei passaggi dell’auto è emerso che Metaliu ha raggiunto Xhafa in corso Matteotti, ha bloccato l’auto in mezzo alla strada, ha impugnato la pistola, è sceso, ha raggiunto la vittima, le ha sparato un colpo e poi è risalito sulla Bmw per darsi alla fuga.
Il mattino seguente ha fatto le valigie e con moglie e figli si è trasferito a vivere dal cognato in via Testa, ad Asti.
Il movente? Non perfettamente compiuto nelle ricostruzioni. Perchè la Procura è convinta che quella sera Metaliu sia andato in corso Alessandria a pochi passi dal luogo in cui la fidanzata di Xhafa attendeva i suoi clienti per videofilmarla a seguito di qualche screzio che si era verificato in precedenza fra i due uomini per ragioni legate allo spaccio di stupefacenti.
La ragazza, spaventata, ha avvisato immediatamente Adriatik di quella presenza “sospetta” e quest’ultimo ha raggiunto Metaliu in un bar di viale Pilone dove lo ha aggredito e lo ha insultato pesantemente. Dopo essersene andato, Adriatik è andato in corso Matteotti dove l’altro lo ha cercato e trovato per sparagli.
«Metaliu ancora oggi non sa perchè Adriatik lo abbia affrontato, pestato e offeso davanti a tutti in quel bar di viale Pilone – ha detto l’avvocato difensore Lamatina nella sua arringa – Ha sempre negato di aver voluto spaventare o minacciare la ragazza in corso Alessandria ma, una volta aggredito, in quel mondo border line in cui si inserisce questa vicenda, ha pensato di dare una lezione a “Tiko” sparandogli quel colpo purtroppo letale. Poi, tornando a casa, ha gettato la pistola in Tanaro come avrebbe fatto chiunque si fosse reso conto dell’enormità di quanto fatto e avesse paura di essere trovato con l’arma incriminata e il giorno dopo è andato dal cognato non per nascondersi o fuggire, ma per paura di ritorsioni del gruppo albanese che faceva capo alla vittima. Una volta scoperto, ha confessato tutto ai carabinieri».