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Cronaca
Questura di Asti

Asti, il Procuratore sulle armi in Praia: «In carcere troppi microcellulari. I detenuti comandano anche da lì»

Rivelata l’esistenza di un gruppo di giovani con la voglia di prendere il comando del quartiere. E lo fanno anche da detenuti

L’operazione conclusa dalla Squadra Mobile nella mattinata di ieri e resa nota oggi, oltre ai dettagli più tecnici (per quanto possibile divulgare) sulle indagini, ha rivelato anche uno spaccato sul quartiere Praia che non ammette abbassamenti della guardia.

«Nonostante le misure cautelari nella loro forma più restrittiva – ha detto il Procuratore della Repubblica di Asti, Biagio Mazzeo – i detenuti arrestati a marzo hanno continuato a comunicare dal carcere e a gestire i loro affari grazie alla disponibilità di microcellulari che, sempre più numerosi, entrano dietro le sbarre». Qualcuno era già stato sequestrato, ma gli altri non sono stati trovati.

Un fenomeno non solo astigiano, sottolinea. «Riguarda tutte le strutture penitenziarie italiane ed è così vasto da aver spinto il legislatore ad introdurre un reato ad hoc per questo tipo di violazione. Ma rimane il fatto che sia sempre più facile telefonare illecitamente dalle celle, nonostante gli sforzi della Polizia Penitenziaria per arginare questa emergenza.».

Sulla stessa indagine, poi, sia il Procuratore della Repubblica che il Questore di Asti, Marina Di Donato, hanno anche sottolineato come sia preoccupante la giovane età degli arrestati, tutti poco più che ventenni in rapporto ai loro sforzi di imporsi a tutti i costi nel controllo del quartiere. Non solo, il capo della Squadra Mobile, Marco Barbaro, ha anche aggiunto che, pur non potendo rivelare dettagli investigativi, quei fucili  e quell’ordigno sequestrati erano finalizzati ad essere usati come strumenti al servizio delle “intenzioni molto pericolose” intercettate durante il monitoraggio dei quattro arrestati.

C’è anche un affinamento delle tecniche per sfuggire alla cattura e alle responsabilità.

Proprio per quanto riguarda le armi e la droga, ad esempio, l’uso di cantine occupate e dunque non riconducibili con certezza ai legittimi intestatari ha in effetti rallentato l’attribuzione delle responsabilità.

«Scelgono garage, box e cantine sotto i palazzoni popolari intestati ad altri, ne prendono il possesso e vi nascondono quello che i poliziotti non devono trovare – spiegano dalla Squadra Mobile – poi nascondono le chiavi in parti comuni e le vanno a prendere solo quando serve “rifornirsi”. In questo modo è molto difficile collegare armi e droga a chi le maneggia».

In un caso, ad esempio, una pistola giocattolo era stata nascosta nel contatore Enel delle scale condominiali di uno dei palazzoni in cui abitavano.

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