Era stato un caso che aveva fatto il giro delle cronache nazionali, a metà fra la compassione e la surrealtà.
Certo l’ufficiale giudiziario che si era recato in quell’alloggio di via Bonzanigo, pieno centro storico, per eseguire uno sfratto peraltro già concordato con le parti, non si sarebbe mai più immaginato di trovarsi di fronte a questa storia decisamente ai margini della normalità.
La casa era affittata da una donna di 90 anni, molto malata, che aveva subito diversi ricoveri in ospedale e che, sola e senza figli, era accudita da un nipote, Gianfranco Alasia di 68 anni.
All’arrivo dell’ufficiale la casa portava già i segni di un imminente sgombero ma il nipote, all’atto di firmare l’atto di abbandono dell’immobile, ha rivelato che l’anziana zia era deceduta. Tutti pensarono ad una morte recente, invece lui li portò in camera da letto e presentò ciò che restava, saponificato, dell’anziana che risultava deceduta a gennaio. Dunque sei mesi prima.
Per tutto quel tempo l’uomo l’aveva lasciata nel letto in cui era spirata, per cause naturali, indossando ancora la camicia da notte del momento del decesso.
Sul comodino il certificato di morte stilato dall’ufficiale sanitario che all’epoca intervenne e constatò il decesso. E’ dopo che non avvenne quel che di solito avviene.
Alasia non disse a nessuno della morte della zia, nè pensò di provvedere al suo funerale. Anzi, disse di averci pensato, ma di “essersi perso” nella sua organizzazione. Intanto i giorni passavano e ad un certo punto lui rinunciò. Le finestre sempre aperte, il corpo esile dell’anziana e le condizioni ideali per la saponificazione della salma fecero il resto. In quell’appartamento lui ci tornò spesso in quei mesi, senza alcun disturbo per la presenza della zia morta in camera da letto.
Se per il “mancato funerale” non esiste un reato, il tribunale di Asti lo ha mandato a processo per truffa ai danni dello Stato, visto che non dichiarando la morte della donna, ha continuato a percepirne la pensione.
Ieri la prima udienza davanti al giudice Bertelli, con il pm Deodato a rappresentare l’accusa ma di Alasia si sono perse le tracce. Irreperibile per il Tribunale di Asti e per i suoi due difensori, gli avvocati Malabaila e Caranzano.