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Cronaca
Sentenza

Asti, l’eredità sfumata del professore collezionista d’arte

Si è chiuso un processo a Torino con la condanna di un avvocato e della sua compagna

Al tribunale di Torino un processo complesso che ha sullo sfondo il collezionismo d’arte ad alti livelli e 100 mila euro che mancano all’appello ad un invalido al 100%.
Si è chiusa in primo grado con la condanna di due noti imputati torinesi la vicenda che intercetta l’Astigiano in quanto terra di residenza della parte offesa.
Tutto origina nel 2008 dalla morte del professor Roberto Lupo, stimato docente di matematica, pittore e collezionista d’arte.
Al suo funerale, il figlio di Lupo, Giovanni, invalido al 100%, incontra l’avvocato Giuseppe Portigliotti che si propone di aiutarlo nel disbrigo delle pratiche legate alla successione e all’eredità che comprende anche svariate opere d’arte di valore, tra queste l’archivio storico del pittore Italo Cremona.
Un incarico che, però, viste le condotte dell’avvocato negli anni a seguire, finisce molto male, tanto che nel 2015, il figlio del professore si rivolge ad altro legale per fare chiarezza.
Giovanni Lupo lamenta che l’avvocato conosciuto al funerale, e che avrebbe dovuto tutelarlo nelle questioni ereditarie, aveva chiesto e ottenuto da lui 25 mila euro al fine di chiudere una causa con l’ex colf del padre deceduto, senza consegnare la somma alla creditrice.
Lamenta anche di aver scoperto che una somma di 65 mila euro frutto di una sentenza per recupero di un credito del defunto padre non gli venne mai consegnata seppur legittimo erede, ma di aver ricevuto anzi una nota spese da 90 mila euro.
Guarda caso il valore delle somme sottratte.
Ne nasce un primo esposto e un primo processo in cui il tribunale di Torino condanna l’avvocato Portigliotti per appropriazione indebita aggravata a due anni e 2 mesi e dispone una provvisionale di 100 mila euro a favore di Lupo, che non vale nulla perché nel frattempo l’avvocato condannato aveva fatto transitare i suoi averi alla compagna Franca Maria Gabriele, che poi a sua volta li aveva restituiti al primo, così vanificando ogni possibile tentativo di rivalsa e sequestro.
Di qui nasce un altro processo, con l’accusa, a carico di entrambi, di essersi sottratti all’adempimento di “obblighi nascenti da provvedimento dell’autorità giudiziaria”.
Nei giorni scorsi è arrivata la sentenza: il tribunale di Torino ha condannato Portigliotti e Gabriele alla pena di 6 mesi ciascuno, senza condizionale per il primo, e con una provvisionale da 52 mila euro.
L’avvocato Mecca ha espresso soddisfazione per l’accoglimento delle accuse mosse ai due imputati; confida nel poter finalmente recuperare le somme che spettano al suo assistito in tempi brevi, per permettergli di soddisfare le sue esigenze di vita perché «i sussidi per gli invalidi oggi ammontano a 800 euro al mese, e nelle mie valutazioni non sono sufficienti a coprire il costo della vita di chi ha disabilità, vive solo in un paese, e deve affrontare importanti spese per usufruire, accompagnato, di tutti i servizi, che sono lontani. L’indennità di accompagnamento viene concessa solo in casi eccezionali».

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