Saranno tre nuovi giudici, il 31 marzo, ad emettere la sentenza sul delicatissimo caso di violenza sessuale in cui una figlia accusa il padre di aver abusato di lei, più volte, durante i permessi premio dal carcere.
Un processo che, nel dicembre del 2019, fece scoppiare un caso di rilevanza nazionale a causa dell’anomalia avvenuta in aula di tribunale.
All’ultima udienza, fissata per l’arringa del difensore del padre, il collegio, era entrato in aula e aveva già letto la sentenza che prevedeva la condanna a oltre 11 anni. Solo al termine della lettura del dispositivo il presidente si accorse che l’avvocato non aveva ancora parlato, creando così un precedente unico nella storia della magistratura italiana.
La vicenda ebbe una ribalta che portò, poche settimane dopo, al trasferimento del presidente in altra sede. Mentre un altro ha poi scelto di transitare dal ruolo penale a quello civile.
Venne presentato un esposto da parte della Camera Penale di Piemonte e Valle d’Aosta ma la Procura di Milano, competente per territorio, ha archiviato tutto. Ancora in piedi, invece, il procedimento disciplinare davanti al Csm.
Ma la sentenza, nonostante l’evidente nullità per essere stata dettata prima che il difensore potesse esporre le tesi a favore dell’imputato, è arrivata in Corte d’Appello e di lì è tornata indietro al tribunale di Asti.
Che ha fissato per fine marzo la prima udienza di questo processo bis davanti ad un collegio di giudici totalmente rinnovato.