Per ora rimane un mistero la causa della morte di tre mucche e la grave intossicazione di altre quattro all’allevamento della famiglia Viarengo, titolari della Cascina Boba in corso Alba, alle porte di Asti.
La notizia viene confermata allo stesso Domenico Viarengo, ancor scosso per quanto successo ai suoi capi bovini.
«Abbiamo portato 7 mucche, tutte gravide, a pascolare in uno dei prati che sono intorno al nostro allevamento – dice – Un prato stabile, che da quattro anni usiamo per il pascolo e che anche quest’anno aveva già sfamato le nostre mucche in almeno quattro occasioni dalla primavera ad adesso. Non so cosa sia successo, ma ad appena 10 minuti da quando le abbiamo liberate, una dopo l’altra hanno cominciato a cadere a terra e a rantolare. Si vedeva che soffrivano ed erano gravi. Abbiamo chiamato immediatamente il veterinario aziendale, il dottor Giuseppe Avedano che si è prodigato per tentare di salvarle: tre purtroppo non ce l’hanno fatta mentre le altre quattro, fra una flebo e l’altra, sono sopravvissute, ma non sappiamo ancora se porteranno a termine la gravidanza oppure no. Negli altri tre casi abbiamo perso sia la mucca che il vitello, ancora troppo indietro nella gestazione per essere fatto nascere».
Sembra la fotocopia di altri amari racconti di allevatori piemontesi che nei giorni scorsi hanno fatto i conti con una forma subdola e imprevista della siccità: la pianta del sorgo, comune in tutti i prati, che a causa della mancanza di pioggia non ha raggiunto l’altezza e la “maturazione” sufficiente per rilasciare nel terreno le sostanze tossiche che contiene. Non arrivando a quel punto, ha continuato a trattenere le tossine che, ingerite dagli animali al pascolo, ne hanno provocato la morte istantanea.
«Ma nel prato in cui hanno pascolato le nostre mucche – afferma Viarengo – non è stata trovata traccia di sorgo. Sono venuti già due volte i tecnici dell’Istituto Zooprofilattico del Piemonte a prendere campioni e non ne hanno trovato, quindi ancora non sappiamo cosa le abbia avvelenate. Una delle mucche è stata portata al laboratorio a Cuneo per analisi approfondite, mentre le altre due sono stata inviate direttamente alla distruzione. Siamo in attesa di conoscere i risultati delle analisi delle erbe prelevate per sapere se possiamo far di nuovo uscire gli altri capi in sicurezza».
Una “bastonata” che proprio non ci voleva in quest’anno già così disgraziato per l’agricoltura che arriva in un periodo non esattamente felice per gli allevatori.
«Noi abbiamo circa 100 capi di razza bovina piemontese – spiega ancora Viarengo di Cascina Boba – e da anni stringiamo i denti per tenere in piedi l’azienda. Già la scorsa annata abbiamo dovuto comprare il mangime perchè abbiamo avuto il 30% in meno di produzione di mais sempre a causa della siccità. Quest’anno, al problema del mais (introvabile e carissimo) si aggiunge la penuria di foraggio: a fronte dei 350 rotoloni circa che producevamo ogni anno al primo taglio dell’erba, quest’anno ne abbiamo fatti solo 60 e il foraggio che si trova in giro ora costa 30 euro al quintale. A conti fatti, tenendo conto di tutte le spese (e non parlo del nostro lavoro, ma solo di quanto dobbiamo tirare fuori), noi perdiamo 2 euro al chilo ogni volta che vendiamo un nostro capo. Va da sè che se non cambia qualcosa, così non si può andare avanti».
E dire che la Cascina Boba aveva scelto la forma di allevamento allo stato semibrado, uno di quelli che dona grande qualità alla carne della razza piemontese che già di per sè è ottima e la figlia di Viarengo ha scelto di restare in azienda e portarla avanti, con fatica, con la vendita diretta in cascina. Ma è tutto sempre più difficile.
E questo “killer” sconosciuto che si annida nei prati non fa che peggiorare la situazione.