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Cronaca

Barbarossa: «Per 20 mila euro di prestito ne restituii 45 mila»

Parlano due vittime di estorsione

Un commerciante di frutta e verdura

Uno degli obiettivi della pubblica accusa del processo Barbarossa è quello di ricostruire il clima di intimidazione e di minacce che veniva imposto dalle famiglie che facevano parte della “locale” ‘ndranghetista fra Costigliole ed Asti.
Fra i testimoni del pm Cappelli, martedì scorso, c’erano anche due vittime di queste intimidazioni che sono state chiamate a ripetere al collegio di giudici quanto già riferito in fase di indagini.
Il primo è stato un commerciante di frutta e verdura di Saluggia cliente di uno degli imputati, Mauro Giacosa. «Compravo la merce da lui ai mercati generali per un giro di circa 40 mila euro al mese».
Ha raccontato di aver sempre saldato i suoi debiti fino a quando invece non riuscì a pagare la fornitura. «Giacosa mi prestò 20 mila euro per pagare altri grossisti e rimanere in attività, ma per quel prestito ho pagato 3 mila euro al mese per 15 mesi. E quando gli dicevo che facevo fatica a trovare tutti quei soldi, lui mi ha sempre fatto capire che aveva degli amici malavitosi, calabresi e slavi, alle spalle. Un giorno mi ha preso in un angolo dei mercati generali e mi ha minacciato che se non avessi pagato tutto mi avrebbe fatto saltare in aria. Combinazione, nei giorni seguenti, mi sono trovato il camion smontato pezzo per pezzo e mi hanno avvelenato due cani».

Minacciato sul piazzale del cimitero

Più faticosa, invece, la testimonianza della seconda “vittima”, un commerciante di camion usati che aveva intrattenuto rapporti di lavoro sempre con Giacosa.
In un primo tempo ha raccontato di essere in debito con Giacosa per via di un camion acquistato e pagato ma mai arrivato. Ha detto di aver cercato di restituire il denaro sia in contanti, sia cedendo un furgone e poi ancora l’auto della moglie, una Fiat 500 alla figlia di Giacosa. Ma è stato un incontro al cimitero di Isola con Giacosa, Michele e Salvatore Stambè al centro delle domande del pm.
In un primo tempo il testimone ha riferito di essersi presentato all’incontro su invito di Giacosa e là di essersi sentito chiedere “gentilmente” la restituzione del debito.
«Ho spiegato che ero in difficoltà perché reduce da un importante intervento al cuore che mi aveva tenuto fermo per molti mesi mostrando anche la cicatrice».
Versione diversa da quella fornita in un primo tempo quando invece aveva raccontato di essere stato minacciato e di aver avuto così paura di essere pestato da mostrare la cicatrice proprio per evitare danni fisici irreparabili, visto il suo grave problema di salute. E, dopo quell’incontro al cimitero, cominciò a ripagare, anche a piccole cifre, il debito. In aula, martedì scorso, dopo la contestazione del pm, ha in parte confermato il clima teso nell’incontro al cimitero.

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