Proprio non ci sta a passare per il “pirata della strada” che nel gennaio di tre anni fa urtò un ciclista che cadde provocandosi un trauma cranico.
Al processo che si sta tenendo in tribunale ad Asti, l’imputato, un agricoltore canellese, si è difeso con tutte le sue forze respingendo quell’accusa. E per farlo ha anche messo in piedi un’indagine difensiva vera e propria.
Assistito dagli avvocati Caranzano e Piroddi, l’uomo ha iniziato a raccogliere delle controprove fin dal momento in cui i carabinieri gli hanno notificato di essere sotto indagine per omissione di soccorso.
Alla sua identificazione i militari sono arrivati analizzando le telecamere di sorveglianza: nello stretto arco di tempo in cui è avvenuto l’investimento del ciclista, l’imputato transitava in zona e la telecamera ha ripreso sia il numero di targa della sua Panda che un danno alla carrozzeria nella parte anteriore destra. Di qui la sua imputazione.
Ma lui non è stato fermo e per dimostrare la sua innocenza ha incaricato un consulente che ieri in aula ha dichiarato come quel grave danno alla carrozzeria non potesse essere legato all’urto con la bicicletta perchè la lamiera è stata “strappata” e una bici non può fare questo. L’uomo ha dichiarato che si era trattato di un danno subito giorni prima dell’incidente in un parcheggio di Canelli, forse a causa della manovra sbagliata di un camioncino.
Sempre l’imputato ha contattato l’unica testimone oculare all’investimento che ha escluso che l’auto che ha urtato il ciclista fosse una Panda e, per finire, è riuscito a recuperare la bicicletta che era stata venduta e che, sempre secondo il consulente incaricato dalla difesa, non presentava segni di urto compatibili con quelli riportati dalla Panda.
Sentenza a luglio.
(foto di repertorio)
Daniela Peira