In gergo li chiamano i “permessanti” e sono i detenuti che, per buona condotta, godono di un permesso per uscire dal carcere e rientrarvi dopo il periodo indicato dal giudice di sorveglianza.
Uno di essi, lunedì sera, è stato fermato e perquisito da agenti della Polizia Penitenziaria in servizio al carcere di Asti e hanno scoperto che si era trasformato in un “corriere di telefonini”. Era riuscito a nascondersi addosso 7 telefoni cellulari, con tanto di sim, caricabatterie e altri accessori. Si tratta di smartphone normali che, una volta montati in tutte le loro parti e ricaricati, potevano mettere in contatto i detenuti con il mondo esterno.
Detenuti che, ricordiamo, sono in regime di Alta Sicurezza perchè la maggior parte di loro si è macchiato di reati riguardanti la criminalità organizzata con pene molto lunghe.
Quello dell’ingresso dei cellulari in carcere non è solo un problema del penitenziario astigiano ma certo la caratteristica dei suoi detenuti ne accende i riflettori, perchè si tratta di condannati per gravi reati di mafia che possono così mantenere i contatti con quel mondo della malavita particolarmente violento e insidioso per la società.
Non solo telefonate e messaggi con la famiglia, ma addirittura dirette Facebook, video su TikTok e creazione di profili social come se nulla fosse.
«Non possiamo fare altro che sottolineare la professionalità degli agenti di polizia penitenziaria che hanno effettuato il rinvenimento – dice Marco Missimei, segretario generale UilPaPP del Piemonte – che, tra l’altro, erano liberi dal servizio in quel momento ma si trovavano nella struttura e hanno così deciso di dare una mano ai colleghi in turno. L’uso illecito dei cellulari in carcere è diventato un problema enorme di sicurezza all’interno e all’esterno delle mura carcerarie. Si moltiplicano i rinvenimenti durante le perquisizioni delle celle e sempre più spesso li intercettiamo fra i pacchi in arrivo e addosso ai visitatori ammessi ai colloqui. E noi facciamo del nostro meglio e anche di più, ma senza sufficiente personale a disposizione, queste ricerche sono sempre più faticose».
Non si esclude anche l’arrivo attraverso il cielo, con l’impiego di droni che sorvolano i cortili interni e, al momento giusto, rilasciano i pacchetti contenenti i cellulari.
E il segretario Missimei sposa una richiesta già avanzata e condivisa da tutto il personale penitenziario: «Basterebbe installare degli inibitori dei segnali dei cellulari sul perimetro del carcere per risolvere il problema definitivamente, efficacemente e con poca spesa. Il carcere di Asti, poi, si trova in una zona molto isolata, dunque una soluzione di questo genere non va a danneggiare nessuno».