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Il racconto di un clima invivibilenella casa di riposo a processo
Cronaca

Il racconto di un clima invivibile
nella casa di riposo a processo

A quattro anni dall'esposto che ha portato al processo, ha finalmente parlato mecoledì in aula uno dei testimoni principali del procedimento che vede imputati l'ex direttrice della Casa di

A quattro anni dall'esposto che ha portato al processo, ha finalmente parlato mecoledì in aula uno dei testimoni principali del procedimento che vede imputati l'ex direttrice della Casa di Soggiorno San Giuseppe di Castelnuovo Don Bosco, Laura Ronco e la quasi totalità del consiglio di amministrazione in carica fino al 2011. I consiglieri devono rispondere di un'accusa che riguarda la delibera dei premi di produzione alla direttrice mentre la donna ha una lista di accuse più lunga divisa su due fronti: quello che riguarda la gestione delle cooperative sociali appaltatrici dei servizi di cura ed assistenza agli anziani e quello che si può riassumere nel clima di lavoro generale.

«Invivibile – lo definisce Michele Piacquadio, nella sua attesa (e roboante) testimonianza – c'erano continuamente questioni in ballo, con rimproveri e richiami quotidiani, anche per sciocchezze che, alla fine, si traducevano in sanzioni disciplinari minime». Più volte richiamato dal giudice e dagli avvocati a mantenersi, nella sua dettagliata spiegazione dei fatti, all'alveo dei capi di imputazioni, Piacquadio si è dilungato nello spiegare l'ambiente conflittuale con l'ex direttrice che era sfociato nell'incarico di quest'ultima ad una agenzia di investigazioni per verificare l'operato del manutentore. Fra gli atti ricordati da Piacquadio la lettera di diffida della Ronco a tenere nell'officina della struttura solo le attratture della casa di riposo e non altre personali. «Peccato che quell'officina fosse condivisa con la vicina Croce Rossa della quale sono volontario da oltre trent'anni – ha risposto il testimone – La direttrice è arrivata a chiedere l'allontanamento di una dipendente solo perchè quest'ultima parlava con me ed eravamo amici».

Piacquadio ha spiegato di essere arrivato all'esposto perchè si sentiva pedinato, controllato e questo continuo stato di stress e di ansia gli avevano provocato anche problemi di salute che si erano protratti per oltre un anno di malattia. Ammettendo anche di aver registrato due conversazioni con la Ronco, a sua insaputa, per far ascoltare i colloqui ai colleghi. Più pacato, ma sulla stessa linea, il legale rappresentante della cooperativa Elleuno, il dottor Enrico Gallo. Precisissimo nella ricostruzione del rapporto di servizio fra la cooperativa e la direzione della struttura castelnovese, ha ribadito che i rapporti con la signora Ronco erano molto difficili e complicati, arrivando a quantificare nell'80% il tempo e le risorse che i dirigenti e il personale della coop dovevano dedicare ogni giorno alla soluzione dei contrasti e alla risposta alle contestazioni fatte. Tanto che la cooperativa, ha deciso di accettare una risoluzione consensuale del contratto in anticipo su due anni e mezzo rispetto alla scadenza naturale.

I testimoni accusano la Ronco di continue e pesanti ingerenze nell'organizzazione e nella gestione del personale della cooperativa che, in realtà, non dipendeva da lei. «La direttrice – ha anche sottolineato Gallo – avanzava anche suggerimenti su chi prendere in caso di sostituzione o chiedeva l'allontanamento o il trasferimento del personale che non gli era gradito. Ricostruendo il paradossale caso della presenza in struttura di due psicologhe con mansioni identiche: una assunta dall'ente e l'altra messa a disposizione dalla cooperativa, secondo contratto, ma che, a detta dei testimoni, non era stata messa in condizioni di poter svolgere il suo lavoro».

Daniela Peira

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