E’ uno degli argomenti (rimasto forse l’unico) sul quale la difesa di Michele Buoninconti punta per chiedere la revisione del processo che, in via definitiva, ha condannato l’uomo a 30 anni di detenzione per l’omicidio della moglie Elena Ceste.
L’avvocato Giuseppe Marazzita, proprio in un’intervista alla nostra testata in occasione del decimo anniversario della scomparsa della donna di Costigliole, aveva riferito che il pool difensivo sta lavorando per raccogliere elementi che possano far riaprire il processo per dimostrare l’innocenza dell’ex Vigile del Fuoco. E che erano in attesa di ricevere dalle grandi Compagnie multinazionali che gestiscono i satelliti, le foto della zona in cui venne ritrovato poi il corpo di Elena scattate la mattina della sua scomparsa, il 24 gennaio. Nella stessa data e negli stessi minuti in cui il suo corpo finì nel rio Mersa per essere poi ritrovata circa 8 mesi dopo. Per la pubblica accusa (e epr i giudici di tre gradi) per mano di Michele Buoninconti, mentre il marito ha sempre sostenuto che ci fosse arrivata da sola in preda a crisi psicotica.
Ma la ricerca satellitare già era stata fatta in fase di istruttoria, dieci anni fa, su richiesta della stessa pm Laura Deodato che ha seguito tutta l’indagine dal giorno seguente la scomparsa di Elena.
Le foto erano state chieste soprattutto per individuare, dall’alto, la presenza di Elena intorno alla sua abitazione, per capire dove potesse essersi diretta in quella che era partita come indagine per scomparsa volontaria.
E la risposta era stata deludente: quel giorno, in quell’ora, nessun satellite stava “puntando” sulla porzione di Motta di Costigliole in cui si trova la casa Ceste Buoninconti vicina al rio Mersa. Dunque strada chiusa.
Nella foto il padre di Elena, Franco, si affaccia sul tratto del rio Mersa dove, poco distante, erano riemersi i resti della figlia otto mesi dopo la sua scomparsa.