«Queste colline hanno dato tanto alla mia famiglia e noi abbiamo pensato di ricambiare diminuendo il nostro impatto sull’ambiente»: sta tutta in questa frase di Lucrezia Povero la filosofia della cantina di famiglia, a Cisterna d’Asti, impegnata in un percorso di prassi ad impatto ambientale bassissimo o addirittura nullo.
L’intervento più impegnativo è stata la riconversione di un intero versante della collina che si affaccia su Valle San Matteo, dove ha sede la grande azienda vinicola. Una “riva” che per molti anni era diventata la discarica a cielo aperto di un accampamento di nomadi che lungo le rocche avevano buttato di tutto, rifiuti pericolosi compresi.
Ci sono voluti tre anni per bonificare il terreno, estraendo, rigorosamente a mano perchè su quelle pendenze non ci lavora nessun mezzo meccanico, quintali di rifiuti che, con il passare degli anni erano stati interrati dalle piogge e dalle piccole frane.
Ora quella riva è tornata a respirare e, pur appartenendo alla tenuta La Ramè della famiglia, è a disposizione di tutti perchè vi è stato creato un percorso accessibile e visitabile che consente di passeggiare fra essenze locali messe a dimora per dare nuova vita al pendio.
Un luogo già molto frequentato grazie anche alle panchine che sono state sistemate dove una volta c’era l’accampamento e a due elementi di forte attrattiva: un cuore e una bottiglia in fil di ferro di grandi dimensioni che fanno la felicità degli instagrammers. E’ anche un percorso didattico per i ragazzi del paese che hanno contribuito alla realizzazione del cammino dei gelsi.
L’ultima fatica è stata quella della messa a dimora di una tartufaia estesa per 3 ettari con 300 piante di rovere locale preparate da vivai del posto. Un terreno lavorato e concimato con il letame che fa parte della Cascina Vengore e che circonda la sede della cantina. «Anche se in azienda abbiamo già adottato pratiche di risparmio energetico, come installazione di pannelli fotovoltaici, auto elettriche, una linea di imbottigliamento che utilizza metà dell’acqua di quelle tradizionali – spiega ancora Lucrezia – questa tartufaia va a compensare l’impatto che non possiamo evitare. E, quando le querce saranno cresciute, andranno anche a mitigare l’afa estiva, sempre più intensa, contribuendo a raffrescare il microclima di questo angolo di valle».
Le piantine sono state messe a dimora nell’autunno scorso, in terreni che si sono sempre dimostrati generosi in fatto di tartufi. Ed è molto ben sorvegliata: ci sono sette asinelli che vi si affacciano e condividono lo spazio con le galline che “lavorano” come tosaerba in una vigna sperimentale con barbatelle selezionate per resistere agli attacchi dei maggiori “nemici” della vite.