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Edo fu prudente, non stava superandoUn indagato per lo schianto mortale
Cronaca

Edo fu prudente, non stava superando
Un indagato per lo schianto mortale

C'è un indagato per il tragico incidente del 16 settembre 2014 sul rettilineo per Castell'Alfero in cui perse la vita Edoardo Civitate, 17 anni, studente di Montiglio. E' un uomo

C'è un indagato per il tragico incidente del 16 settembre 2014 sul rettilineo per Castell'Alfero in cui perse la vita Edoardo Civitate, 17 anni, studente di Montiglio. E' un uomo residente a Castell'Alfero che, per aver svoltato in una stradina sterrata senza aver segnalato la manovra con la freccia, ha provocato una brusca inchiodata dell'autobus di linea Gtt che lo seguiva. Dietro l'autobus stava viaggiando a non più di 50 km orari, Edoardo sulla sua Yamaha 125. Ha reagito alla frenata del bus inchiodando a sua volta, ma perdendo il controllo della moto che, restando nella corsia di marcia si è appoggiata al pullman mentre il ragazzo, scivolando, è finito nell'altra corsia. Purtroppo stava sopraggiungendo un altro autobus, per il quale è stato impossibile evitare l'investimento del ragazzo; anche un'auto che seguiva questo secondo autobus ha colpito il ragazzo.

La dinamica è stata ricostruita dai carabinieri di Asti sotto il coordinamento del sostituto procuratore Luciano Tarditi dopo aver fatto rilievi accurati e aver ascoltato le numerose testimonianze di chi ha assistito impotente alla sciagura. «In un primo tempo si era parlato di un sorpasso azzardato da parte di nostro figlio che stava viaggiando a velocità sostenuta -? dicono Raffaele e Roberta, i genitori di Edo ?- invece le indagini hanno accertato quello che noi sapevamo fin dal primo momento, conoscendo la prudenza e il senso di responsabilità di nostro figlio: Edo non andava veloce né stava sorpassando il pullman. La sua morte, anche se pare impossibile, va imputata ad una drammatica fatalità di coincidenze, per quanto allucinanti. La sua moto ha riportato danni lievissimi, altra conferma della velocità bassa alla quale stava andando. Se solo fosse stato distratto, forse non avrebbe frenato e, a quella velocità, avrebbe tamponato davvero il bus provocandosi magari solo qualche frattura. Ma il destino ha voluto diversamente».

Importante per i genitori ripristinare la verità sugli ultimi istanti di vita del loro figlio perché in questo anno e mezzo si sono sentiti dire "Questi giovani vanno come pazzi, sono incoscienti e se la vanno a cercare". «Intendiamoci -? sottolineano ancora Raffaele e Roberta -? il nostro dolore non cambierebbe di una virgola se Edo fosse stato negligente o imprudente, ma quando esiste una drammatica fatalità o una responsabilità altrui questo dolore è ancora più lacerante». Edo era al suo secondo giorno di scuola e tornava dalla ditta del padre, a Chiusano, dove aveva finito poco prima i lavori "estivi" che aveva accettato di fare per dare una mano all'azienda. Non era diretto a casa, ma dalla fidanzata Sabrina e per lei aveva una rosa rossa che è stata ritrovata intatta nello zaino.
Ma c'è ancora un altro aspetto, in questa vicenda drammatica, che, soprattutto la madre Roberta, si è tenuta dentro per tutto questo tempo e che ora ha trovato la forza di dire. Riguarda il modo in cui sono venuti a sapere della tragedia del figlio (o meglio in cui "non" sono venuti a saperlo) e la totale solitudine nei momenti di assoluto disorientamento e dolore seguiti alla notizia della morte di Edo.

«Sono andata sul luogo dell'incidente, con la mia auto, solo perché mia figlia ha cominciato a ricevere messaggi sul cellulare su quanto era accaduto ad Edo da altri ragazzi che lo conoscevano. Sono arrivata lì, dopo aver fatto chilometri a piedi a causa della coda provocata dai rilievi e lui non c'era già più. Ho rifatto la strada a ritroso, passando da strade e stradine ho raggiunto l'ospedale e al Pronto Soccorso nessuno sapeva di Edo, giusto un poco garbato accenno al fatto che forse si trattava di "quel ragazzo morto" arrivato poco prima. Siamo andati alla camera mortuaria, già chiusa e ci hanno detto che non potevamo vederlo perché il corpo era sotto sequestro. Non una parola di conforto, non un bicchiere d'acqua, non un affiancamento. Siamo stati abbandonati nella più totale indifferenza davanti a quella porta della camera mortuaria. Neppure i suoi vestiti ci sono stati riconsegnati, li hanno buttati nella spazzatura. Potrà sembrare una stupidaggine, ma per un genitore è invece importante conservare anche quegli abiti, gli ultimi indossati dal figlio».

L'invito della famiglia di Edo, che per il primo anniversario della scomparsa del figlio ha realizzato un piccolo libro con foto e contributi scritti di amici e parenti, è quello di prevedere sia una catena più efficiente di avviso alle famiglie in caso di incidenti e sia di predisporre una figura professionale e competente in ospedale che possa assistere e sostenere chi ha perso un caro in modo tragico. Almeno nelle prime ore dall'accaduto.

Daniela Peira

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