È come se l’intera provincia di Asti non avesse potuto raccogliere un solo ortaggio o mietere una sola pianta di granoturco: questo un primo dato di un gruppo di agricoltori che, insieme ad alcuni consulenti, sta quantificando i danni della proliferazione degli ungulati selvatici in Piemonte.
Appartengono al Coaarp, il Comitato spontaneo di agricoltori nato in primavera e, a fine annata agraria tirano le somme di quello che sta assumendo le proporzioni di un flagello. Senza soluzioni nel breve termine visto che la delibera della Regione Piemonte per arginare il fenomeno non trova il consenso di chi ogni giorno sale sul trattore per coltivare i campi e li trova “arati” dalle musate e dalle zampate dei cinghiali.
Ma altri dati danno l’idea dell’emergenza: i danni denunciati (dunque sottostimati) parlano di quasi 15 milioni di euro e il trend è in rapida crescita. In Piemonte si calcolano 1,3 milioni di ettari danneggiati ogni anno con una superficie di raccolti totalmente persi pari alla superficie della nostra provincia.
Senza contare gli incidenti stradali che ogni anno in Piemonte sono oltre 500 (anche in questo caso il numero è sottostimato).
Questi i dati forniti dal Coaarp che ha inviato la petizione partita in primavera per chiedere interventi di contenimento più incisivi anche a tutti i comuni piemontesi riscuotendo grande interesse dai sindaci, i primi a vedere i danni da cinghiali sui loro territori, a raccogliere le lamentele degli agricoltori e a testare le paure dei cittadini soprattutto per i pericoli su strada.
Molti comuni hanno dato pubblicità alla petizione che, pertanto, sarà prorogata fino al 31 marzo 2022.