Il marito in carcere da un anno
Arriva alle battute finali il processo con rito abbreviato che si sta tenendo in Tribunale ad Asti di fronte al Gip Giannone per la morte di Roberta Perosin, l’operaia della Ferrero di 54 anni che ha perso la vita nel giugno del 2018. Al banco degli imputati siede il marito, Arturo Moramarco, 59 anni, ex macellaio, di Govone, stesso paese in cui ha sempre vissuto con la moglie.
Pesantissima l’accusa nei suoi confronti: omicidio volontario della moglie per il quale il pm Simona Macciò, al termine di una articolata requisitoria, ha chiesto una condanna complessiva a 18 anni, già comprensiva dello “sconto” per la scelta del rito. Per l’omicidio ha chiesto 16 anni aumentati di 2 anni per l’altro reato contestato a Moramarco, ovvero la simulazione di reato.
All’inizio sembrava un malore da spavento
Perchè la morte di Roberta Perosino non è partita subito come omicidio. Inizialmente, infatti, sembrava avesse perso la vita a seguito di un malore dovuto alla visita dei ladri. Ed effettivamente la casa era stata messa a soqquadro ma non mancava nulla di valore. Era stato lo stesso marito ad aver chiesto l’intervento dei carabinieri presentandosi come affranto dall’aver ritrovato la moglie riversa a terra al suo ritorno a casa.
Una bugia che ha resistito appena il tempo di arrivare agli esiti dell’autopsia che hanno rivelato come a causare la morte della donna fosse stato il soffocamento.
Il vizio del gioco che prosciugava i conti di famiglia
Due mesi di indagini nel corso delle quali i carabinieri hanno raccolto testimonianze e dati scientifici, arrivando a ricostruire un difficile rapporto di coppia minato dal vizio del gioco dell’ex macellaio che si è acuito con il suo pensionamento. Proprio quei soldi che continuavano a sparire dalle casse famigliari avevano acceso l’ennesima violenta lite al termine della quale l’uomo ha ucciso la moglie.
Per la difesa è stato solo un tragico incidente
Per il pm Roberta Perosino venne soffocata con un cuscino premuto in faccia; ricostruzione contestata dalla difesa di Moramarco, sostenuta dall’avvocato Marco Calosso che, al termine della sua arringa, ha chiesto invece la riconfigurazione del reato in omicidio colposo o preterintenzionale. Per la difesa, infatti, il suo assistito non aveva alcuna intenzione di uccidere la moglie, sarebbe stato un tragico incidente durante il violento litigio. La stessa difesa ha anche chiesto al gip di rspingere tutte le richieste di parte civile rappresentata dalla sorella Luciana.
Nessuna dichiarazione spontanea dell’imputato che tornerà in aula con il suo difensore l’11 novembre per le repliche e la sentenza.
La morte di Roberta Perosino aveva fatto molto scalpore a Govone e non solo perchè veniva associata ad un’altra tragica fine per mano del marito, quella di Elena Ceste. La sorella della Perosino, infatti, è cognata di Franco Ceste, papà di Elena. Anche lei era presente venerdì scorso a Costigliole all’inaugurazione della panchina rossa voluta dal Centro Antiviolenza L’Orecchio di Venere davanti alla chiesa di Santa Margherita.