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Cronaca

Lettera di scuse e donazione ad un ente benefico: così si chiude lo stalking contro Elisa

La ragazza, figlia di Elena Ceste e Michele Buoninconti, aveva già detto che, da quella donna che l’aveva fatta spaventare, non avrebbe accettato denaro

La figlia di Elena Ceste

Si è chiuso martedì (con un rinvio di “verifica” a settembre) il processo per stalking a carico di Marilinda Gimelli, 57 anni, pisana, nei confronti di Elisa Buoninconti, la primogenita di Elena Ceste e di Michele.
La donna, che teneva costantemente contatti con Michele Buoninconti in carcere per scontare i 30 anni inflitti per l’omicidio della moglie, aveva contattato in vari modi la ragazza, allora ancora minorenne.
Prima attraverso messaggi telefonici molto insistenti e poi anche di persona, fuori dalla scuola di Alba frequentata dalla ragazza.

Settimane di persecuzione

Era evidente che dietro questa insistenza ci fosse Michele, ma la donna non si è resa conto di aver creato un gravissimo disagio nella ragazzina che, con i suoi tre fratelli, aveva perso madre e padre ed era già stata per anni al centro dell’attenzione mediatica.
Poi aveva trovato il coraggio di raccontare di questa “persecuzione” e il pm Deodato aveva immediatamente indagato per stalking la donna.
Nel frattempo Elisa è diventata maggiorenne e ha concordato con i suoi avvocati, Tabbia e Abate Zaro, una “uscita morbida” da questa vicenda.

L’impegno a non ripetere le condotte

La Gimelli ha presentato una lettera di scuse e di impegno, il reato è stato derubricato in molestie (che si estingue con un’oblazione di circa 250 euro oltre al pagamento delle spese processuali), Elisa ha ritirato la querela.
Nella lettera sottoscritta dalla donna, si legge che porge “sentite e sincere scuse per le condotte tenute” impegnandosi “affinchè analoghe condotte non siano più ripetute”.
Oltre alla “multa” inflitta dal Gup, la Gimelli si è impegnata, su precisa richiesta di Elisa, ad eseguire un versamento ad un ente benefico da lei scelto. La stessa Elisa, in passato, aveva chiesto un risarcimento simbolico di un solo euro, perché da questa storia non voleva trarre alcun profitto per sé.

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