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Roberto Gianoglio
Cronaca

«Mio figlio non si è ucciso»
Da 19 anni un padre chiede la verità

L’appello del padre di Roberto Gianoglio, morto 19 anni fa ad Andora. Il ragazzo venne trovato nella cabina di uno stabilimento balneare. Per gli inquirenti, Roberto si uccise per una delusione d’amore e niente ha fatto pensare ad una dinamica diversa. Ma l’uomo chiede la riesumazione ed un esame approfondito: «Non era depresso, il nodo era troppo alto e aveva l’osso del collo intatto»

Di pochi giorni fa la notizia di un clamoroso arresto in Sicilia: a tre anni dall’archiviazione della morte di una giovane studentessa per suicidio, il caso è stato riaperto e il suo fidanzato di allora arrestato con l’accusa di omicidio. Dietro c’era un padre tenace, quello della ragazza, che non credeva che sua figlia si fosse impiccata ma fosse stata uccisa. Anche ad Asti c’è un padre che da 19 anni non crede che il figlio si sia ucciso, anche lui per impiccagione. E’ ormai un “cold case” quello sulla morte di Roberto Gianoglio, un ragazzo di 22 anni trovato morto in una cabina dello stabilimento balneare di Andora dove lavorava da qualche mese. A non arrendersi è Bruno, il padre di 65 anni, che da quasi venti chiede incessantemente l’autopsia sul corpo del figlio. Già, perchè nonostante il ritrovamento del corpo senza testimoni, gli inquirenti non hanno mai ritenuto di dover disporre l’esame autoptico sulla giovane vittima.

Un diniego che è stato subito fortissimo, a partire dal giorno dopo il fatto, da parte della Procura di Savona. L’autopsia, Gianoglio l’ha chiesta in tutti i modi possibili e immaginabili, da quelli formali attraverso un legale astigiano (che ha reiterato più e più volte la domanda) a quelli confidenziali (incontrando forze dell’ordine e chi si occupava del caso), attraverso le istituzioni (ha scritto molte lettere prima all’allora ministro dell’Interno Maroni, poi al Presidente della Repubblica Ciampi e a Napolitano) e ancora attraverso i mass media (oltre all’appello più volte fatto dalle colonne del nostro giornale e degli altri organi di informazione locale, anche partecipazioni al Maurizio Costanzo show e alla trasmissione Cronaca in diretta.

Ma la risposta è sempre stata no: per gli inquirenti Roberto si è ucciso per una delusione d’amore e niente fa pensare ad una dinamica diversa. «Invece ci sono tante cose che portano alla conclusione opposta -insiste il padre- Intanto non era in stato di depressione né soffriva di ansia. Io l’ho sentito poche ore prima al telefono ed era sereno, contento del lavoro anche se un po’ arrabbiato perchè non veniva pagato. Niente però che facesse pensare al fatto che da lì a qualche ora si sarebbe tolto la vita». Altro particolare che non torna al padre è il biglietto che fu ritrovato sotto il tergicristallo dell’auto del ragazzo. Un foglio di addio che però, secondo lui, non aveva corrispondenze calligrafiche ed era scritto con troppi errori rispetto alla scolarizzazione di Roberto.

E poi il punto centrale, quello della mancanza di autopsia. «Dall’esame esterno risulta che mio figlio avesse l’osso del collo intatto e il nodo scorsoio era troppo in alto per averne provocato la morte per soffocamento. Anche la sedia di plastica che avrebbe usato per arrivare alla corda è in una posizione innaturale per una scena di suicidio. Io sono convinto che l’hanno ucciso prima e poi hanno simulato il suicidio» le conclusioni dell’uomo. La verifica della causa della morte, passando per l’esame delle ossa, può ancora essere effettuata, riesumando la salma. «Voglio una risposta certa e convincente alla morte di mio figlio -conclude Gianoglio- e finchè non l’avrò continuerò la mia battaglia». Promettendo altre partecipazioni in trasmissioni televisive che trattano casi di cronaca recente e passata.

Daniela Peira

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