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Nizza Monferrato: nel diario di Makka tutto l’odio verso il padre violento

E’ stato sequestrato dai carabinieri ed emerge il quadro di un uomo che non solo picchiava le donne di casa, ma insegnava anche ai figli maschi come farlo quando sarebbero diventati adulti

Emergono nuovi particolari sulla drammatica vicenda che venerdì sera ha visto una giovanissima donna, Makka, appena 18enne, uccidere a coltellate il padre di 49 anni dopo l’ennesima aggressione fisica a lei e alla madre.

Il racconto di una vita di violenza subita in prima persona e vista sulla madre che la ragazza ha fatto immediatamente ai carabinieri subito dopo il loro intervento nell’alloggio di Nizza Monferrato, è confermato anche da quattro paginette di diario trovate e sequestrate dagli stessi carabinieri che stanno raccogliendo indizi per ricostruire il contesto in cui è avvenuto l’omicidio.

Pagine che trasudano di esasperazione e di odio verso il padre. E che contengono anche pensieri di morte. «Non avrei mai pensato di portare via la vita ad una persona ma preferisco portarla via a quel c…… (riferendosi a suo padre n.d.r.) prima che lui la porti via alla persona che più amo nella via, mia madre».

Il diario è lo specchio fedele di quanto raccontato nel lungo interrogatorio davanti al gip. Quando la ragazza ha ricostruito il quadro di una vita fatta di violenze, soprusi, umiliazioni nei confronti delle donne di famiglia.

Un padre-padrone che pretendeva di avere le donne ai suoi piedi e pretendeva da loro obbedienza assoluta. E quando queste provavano a ribellarsi, le chiudeva in una stanza e le picchiava. Soprattutto la moglie. Con il peggio di quello che i manuali di psicologia definiscono “violenza assistita”, ovvero quella perpetrata sui figli che assistono alle aggressioni e alle umiliazioni.

In questi casi, scrive Makka nel suo diario, suo padre andava oltre, arrivando a dare vere e proprie lezioni di violenza ai due figli maschi ancora piccoli, di appena 11 e 10 anni. «Così dovrete fare con vostra moglie e vostra figlia, quando sarete grandi, se non vi obbediranno».

Fuori da quelle mura, la ragazza era un modello di integrazione: brava a scuola, ambiziosa (voleva diventare medico), laboriosa (serviva nello stesso ristorante in cui lavoravano il padre e la madre per aiutare il bilancio familiare), giudiziosa (sempre pronta ad occuparsi dei due fratelli e della sorella minore). E anche sempre pronta a raccogliere gli sfoghi e le lacrime della madre per i trattamenti che subiva da quel marito violento. Makka sapeva tutto quello che accadeva fra i suoi genitori, perchè la madre la aggiornava continuamente, soprattutto attraverso messaggi scritti e vocali. Un modo, per la donna, non solo di condividere quella terribile pena domestica, ma anche per allertare la figlia sullo stato d’animo del marito.

Il diario rafforza il racconto fatto subito da Makka ma per ora non conferma quella linea di legittima difesa che era stata tracciata inizialmente e che, per ora, la Procura ha lasciato per accusarla di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela.

Anche all’esito del primo esame della salma dell’uomo, Akheyd Sulaev, ferito mortalmente da due coltellate sferrate in due momenti diversi, uno all’addome e l’altro alla schiena.

L’autopsia darà le ultime risposte sulla dinamica omicidiaria ma intanto l’avvocato di Makka, Massimiliano Sfolcioli, è riuscito a tenerla fuori dal carcere, contrariamente a quello che aveva chiesto il pm. La ragazza è ai domiciliari in una comunità protetta e ha chiesto i suoi libri per poter continuare a studiare.

 

 

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