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«Non sono io il rapinatore, provate con mio fratello»
Cronaca

«Non sono io il rapinatore, provate con mio fratello»

«Non sono io il rapinatore che voi cercate, se vi porto qua mio fratello vedreste da soli quanto mi somiglia e capireste che potrebbe essere stato lui a fare il colpo alla banca». A prima vista

«Non sono io il rapinatore che voi cercate, se vi porto qua mio fratello vedreste da soli quanto mi somiglia e capireste che potrebbe essere stato lui a fare il colpo alla banca». A prima vista questa dichiarazione sembra frutto di un’infamante azione per mettere nei guai un fratello, ma interviene l’avvocato difensore a spiegare il senso della frase detta dal suo assistito, Carlo Ritrovato, 25 anni, al termine del processo per la rapina alla Cassa di Risparmio di Asti di Motta di Costigliole avvenuta nel maggio del 2011. Un colpo che fruttò circa 15 mila euro: le riprese della videosorveglianza della banca registrarono tutta la rapina ad opera di un uomo di circa 30 anni che indossava un cappellino con visiera e occhiali scuri da sole.

Poco lontano, in un campo, venne rinvenuta una Fiat Panda risultata rubata dal garage di un condominio di Asti. A Carlo Ritrovato gli inquirenti arrivarono tramite una comparazione dei fotogrammi estratti dal filmato della rapina con una foto segnaletica degli archivi e alcune fotografie scaricate dal suo profilo Facebook. Inoltre, la Panda usata dal rapinatore e poi abbandonata, fu rubata dal garage di un condominio dove l’impresa edile Ritrovato (nella quale lavorano sia Carlo che il fratello Michael) aveva svolto la ristrutturazione di un alloggio. Il rapinatore restituito dalle immagini della videosorveglianza della banca è Carlo Ritrovato?

Per il consulente della Procura vi è compatibilità fra le due persone. «Ma questo non basta per un accertamento dell’identità» ha commentato l’avvocato Cravero che ha lungamente contestato le conclusioni della perizia antropometrica eseguita dal dottor Balossino di Torino. «Intanto perché non sono state eseguite comparazioni che mettessero l’imputato nelle stesse condizioni e posizioni della persona ripresa dalle telecamere e poi perché, obiettivamente, metà del viso era coperto e la compatibilità è stata data da proporzioni e misure uguali a centinaia di altre persone diverse dal mio assistito». Questo spiega la strana dichiarazione di Carlo Ritrovato sul fratello. «Questa cosa è stata detta per dimostrare che la  procedura usata per identificare Carlo Ritrovato avrebbe potuto portare a molti altri risultati diversi». Anche se rimane il “giallo” del tatuaggio. L’imputato, infatti, ne ha uno sul collo mentre il rapinatore ripreso, nello stesso punto, portava un cerotto che copriva la pelle.

Per il pm Vitari quello era un tentativo di non fornire particolari utili alla sua identificazione, mentre per l’avvocato Cravero nessuno può escludere che si tratti semplicemente di un rapinatore che si era tagliato facendosi la barba al mattino o che fosse davvero qualcuno che non voleva far vedere il suo tatuaggio, ma questo non lo riconduce necessariamente a Carlo Ritrovato. «Quanti uomini vedete in giro con un tatuaggio sul collo? Ce ne sono tantissimi, mica solo il mio assistito». In chiusura del dibattimento l’avvocato ha chiesto di poter citare a testimoniare Michael Ritrovato per dimostrare la somiglianza fra i fratelli e insinuare il dubbio sull’identità del rapinatore, ma il pm Vitari si è opposto e il collegio di giudici presieduto dal dottor Muscato con i colleghi Ceccardi e Martinetto ha respinto la richiesta ritenendola intempestiva.

Daniela Peira

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